Forchielli: nessuna speranza per HK, politici marionette

di Eugenio Buzzetti

Twitter@eastofnowest

 

Hong Kong, 30 set. - Un governo di marionette e un movimento destinato a fallire. E' questo il ritratto di Occupy Central dipinto da Alberto Forchielli, managing director e fondatore di Mandarin Capital Partners. I giovani riuniti da giorni a Central e in altre aree della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong non hanno alcuna speranza di successo. "Mentre Tian'anmen è stato un fatto che colse tutti impreparati, qui c'è una piccolissima parte della popolazione cinese che manifesta e che è anche invisa agli altri cinesi della mainland - spiega Forchielli ad Agi China - Che sarebbe successo qualcosa era ovvio da anni".
 

In un comunicato emesso oggi, il governo dell'isola si è detto preoccupato del possibile danno di immagine a Hong Kong, provocato dal prolungarsi delle proteste. E' così secondo te?
 

Il governo di Hong Kong è fatto di marionette. Sono persone non abituate al minimo dissenso. Sono lacchè il cui compito principale è lustrare le scarpe a Pechino. E' chiaro che di fronte alla minima protesta non riescono a tenere i nervi a posto. Sono semplicemente abituati all'obbedienza.
 
Alcuni esponenti del mondo della finanza di Hong Kong hanno dato segnali di insofferenza verso il prolungarsi delle proteste. Quale è il danno reale delle manifestazioni all'economia dell'isola?
 
Il mondo della finanza va diviso in due blocchi: c'è il mondo emotivo dei tanti risparmiatori istituzionali e anche personali che si fa cogliere dall'onda emotiva, perché la storia è centrale nei media; rompe la monotonia dell'Isis, l'incomprensione della Libia. Il movimento ha avuto molto spazio e fatto presa su una certa fascia che è molto alta della finanza tutta, soggetta a effetto "herd", l'effetto "branco". E poi c'è la finanza degli operatori internazionali che sono a Hong Kong da sempre, capisce benissimo le dinamiche e sapeva benissimo che questo sarebbe successo. Sapeva che si sarebbe giunti a questo punto e pensa che passerà, perché non esistono alternative. In fondo, ottantamila giovani con gli ombrelli non è assolutamente nulla. Ne abbiamo viste di peggio in Italia, durante gli anni di piombo.
 
Pechino no cambierà idea sul suffragio universale, ha detto oggi CY Leung. Quante speranze ha, secondo te, il movimento di Occupy Central?
 
Nessuna.
 
Cosa ti aspetti per i prossimi giorni?
 
Credo che Pechino non sia in condizione di cambiare idea, perché si deve preoccupare di un altro 1,4 miliardi di cinesi che non hanno nessuna simpatia per quelli di Hong Kong: questa è la principale preoccupazione di Pechino. Non può lasciare una piccola città alla periferia che si auto-gestisce: non ha alcun senso. Pechino deve guardare all'equilibrio generale della situazione. La protesta potrebbe continuare, ma è una cosa di basso livello. Tian'anmen è stata una sfida centrale al regime. Qui, in realtà, sono quattro ragazzini. Si, la polizia di Hong Kong è stata preparata da altri: nulla viene per caso. Ma chi voleva emigrare, ha avuto più di venti anni per farlo, anche trenta. Sono più di trecentomila i cittadini originari di Hong Kong che vivono a Hong Kong con passaporto canadese. I vecchi sicuramente non sostengono il movimento, anche se permane un senso di profonda antipatia per i fratelli della mainland: tutti sanno che il loro benessere dipende da loro. Hong Kong, senza l'apporto della Cina, spirerebbe in un secondo. Il pragmatismo, in un mondo confuciano, prevale sull'idealismo.
 
Quali effetti a lungo termine vedi da questo movimento?
 
Questo esempio allontana drammaticamente l'unificazione pacifica con Taiwan. Taipei non accetterà mai il metodo del "one coutry, two systems". Direi che questa idea tramonta definitivamente. Secondo: vista l'esposizione mediatica, l'idea di un soft power cinese che si proietta nel tempo, tramonta clamorosamente. Il mondo non si comprerà mai il soft power cinese. Non baratterà mai Hollywood e Disneyland con Confucio e il kung-fu di Bruce Lee.
 


30 settembre 2014

 

 

 

 

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