Pechino, 28 lug.- Commenti e valutazioni positive sui provvedimenti economici adottati dal governo, ma anche un piccolo giallo sulla questione della rivalutazione dello yuan. Secondo l'ultimo rapporto periodico del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato ieri dopo le consuete consultazioni annuali con Pechino, la Cina sta affrontando un momento chiave, nel quale deve bilanciarsi tra un'uscita ragionata dalle misure straordinarie di stimolo all'economia e dall'enorme aumento del credito registrato nell'ultimo anno, e la necessità di continuare a crescere con i ritmi mantenuti finora. I 24 direttori esecutivi dell'FMI "approvano una graduale uscita dalle politiche di stimolo nel 2011, se l'attuale traiettoria economica verrà mantenuta": alla fine del 2008, il governo cinese ha approvato una serie di misure straordinarie da 4mila miliardi di yuan che, se da un lato hanno consentito alla nazione di crescere dell'8.7% anche lo scorso anno, mentre altri venivano colpiti duramente dalla crisi globale, dall'altro stanno suscitando timori di un surriscaldamento dell'economia, specialmente in settori chiave come quello immobiliare; a questo proposito, il Fondo Monetario Internazionale guarda con favore all'introduzione di ulteriori misure per il raffreddamento del mercato, compresa una tassa sui patrimoni immobiliari della quale si parla da tempo.
Sul fronte del credito, che l'anno scorso ha assistito a un vero e proprio boom per un totale di 9590 miliardi di yuan in nuovi prestiti (circa di euro) , il rapporto FMI sostiene che "l'obiettivo di ridurre la crescita della liquidità deve equilibrarsi con la necessità di fornire un supporto continuo all'economia e il desiderio di salvaguardare lo stato di salute dei bilanci delle banche". Secondo un rapporto interno della China Banking Regulatory Commission, del quale il coraggioso settimanale New Century Weekly del gruppo editoriale Caixin ha pubblicato alcuni estratti, gli istituti di credito cinesi potrebbero incontrare grosse difficoltà a recuperare circa il 23% dei 7700miliardi di yuan prestati alle amministrazioni locali; le indiscrezioni, tuttavia, sono state smentite dalla CBRC. Il Fondo Monetario Internazionale ha anche esortato la Cina a "utilizzare strumenti di mercato" come l'aumento dei tassi d'interesse (immobili dal dicembre 2008) e l'innalzamento dei requisiti di riserva obbligatori per proteggere le banche; ma è sulla rivalutazione dello yuan che si è giocata una partita al buio sulla quale, ancora una volta, sono filtrate solo voci ufficiose. La moneta cinese era stata di fatto ancorata al dollaro quasi due anni fa, e il rapporto FMI vede di buon grado la recente decisione di tornare a una banda di oscillazione più ampia, che nell'ultimo mese ha garantito un magro apprezzamento sul dollaro al di sotto dell'1%, sostenendo che garantirà un abbassamento dell'enorme surplus commerciale cinese. Sul punto, però, si è registrata una spaccatura tra i direttori esecutivi: laddove "parecchi direttori hanno sostenuto che il tasso di cambio dello yuan è comunque sottovalutato, altri hanno sottolineato che l'affermazione è basata su proiezioni incerte relative all'attuale surplus commerciale".A differenza di quanto accade per altre economie, inoltre, le osservazioni dello staff FMI sulle consultazioni con la Cina non vengono allegate a quelle del Consiglio Esecutivo formato dai 24 direttori, ed ecco allora che si apre un piccolo giallo su chi si sia effettivamente schierato contro la valuta cinese: secondo alcune indiscrezioni, ad attaccare lo yuan sarebbero stati in parecchi, tra cui i rappresentanti di Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna. Alla questione, poi, si aggiunge un altro mistero: due fonti che hanno letto il rapporto sostengono che lo staff FMI ritiene che lo yuan sia sottostimato tra il 5% e il 27% del suo valore effettivo e che dal rapporto del Consiglio Esecutivo sia stata cancellata l'espressione "sostanzialmente sottostimato" per fare posto a un più blando "sottostimato". Una differenza che non è solo squisitamente semantica.
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