Roma 7 apr.- Sono trascorsi più di 30 anni dall'introduzione della Politica del figlio unico, ma i dibattiti sono più vivi che mai. L'ultimo in ordine di tempo riguarda l'inchiesta dell'Economist sullo squilibrio tra i sessi causato dall'applicazione della normativa. Gendercide è il termine coniato dalla rivista, ginocidio la sua traduzione italiana: in un Paese in cui la predilezione verso il figlio maschio ha origini antichissime, molte coppie poste di fronte alla condizione di poter avere un solo figlio preferiscono uccidere o abbandonare la figlia femmina in attesa di un futuro erede.
Ma quanto effettivamente la normativa incide sulla scelta finale? In che misura?
La normativa
Era il 1979 quando il programma nazionale di controllo delle nascite dallo slogan "Wan, xi, shao" con il quale il governo invitava a fare figli "più tardi, con più lunghi intervalli e meno" veniva trasformato nella attuale Politica del Figlio Unico – divenuta ufficialmente legge nel 2001 -. La normativa, introdotta allo scopo di fronteggiare il forte aumento demografico ed assicurare il benessere economico del Paese, limita le coppie ad avere un solo bambino; fanno eccezione le famiglie residenti nelle zone rurali - alle quali è permesso avere un secondo bambino se il primo è femmina - e le minoranze etniche. In particolare, le gravidanze sono sottoposte alla supervisione dalle cellule di controllo, le quali autorizzano alla procreazione in base alle quote-nascita assegnate annualmente dal governo e specifiche per ogni provincia. Quando le quote di crescita della popolazione si abbassano al di sotto della soglia prevista in sede locale, i numeri possono essere rivisti e rivalutati, e può essere consentito alle coppie avere un secondo figlio. Il sistema è organizzato secondo una rigida divisione di ruoli e di responsabilità che dalle più alte sfere governative scende a pioggia fino alle circoscrizioni locali, toccando tutto l'apparato burocratico. Come sancito dall'articolo 6 della norma, il successo della pianificazione dipende dall'intera collettività ma particolare attenzione viene rivolta all'operato dei funzionari della pianificazione a livello locale. Le sanzioni previste sono molto pesanti; e nonostante la normativa vieti di calpestare i diritti personali dei cittadini va da sé che spesso viene adottata qualsiasi misura per ostacolare la nascita di un secondo bambino.
La normativa ha permesso alla Cina di rallentare la crescita demografica: tra il 1986 e il 2000, infatti, l'indice di fertilità totale è sceso in media dell'1,8% evitando, secondo quanto sostiene il governo, più di 400 milioni di nascite. Ma forse quella stessa legge, nata allo scopo di assicurare il progresso economico e sociale, si sta rivelando un'arma a doppio taglio che potrebbe inaspettatamente essere la causa di un futuro arretramento. La rapida diminuzione dell'indice di fertilità totale ha provocato la diminuzione dell'indice di crescita della popolazione causando, così, il rapido invecchiamento. Sulla base dei criteri stabiliti dall'ONU, una popolazione è considerata "anziana" quando le persone con un età superiore ai 65 anni superano il 7%; o quando più del 10% della popolazione ha più di 60 anni. Dal censimento dell'Onu del 2000 è emerso che il 10% dei cinesi aveva tra i 60 e i 65 anni; il 7% ne aveva più di 65. In futuro, quindi, a causa dell'invecchiamento della popolazione, il rapporto tra persone in età lavorativa e anziani da assistere sarà di 3 a 1, contro il 5 a 1 attuale; e un maggior numero di anziani significa più denaro da investire nei fondi pensionistici. In risposta al problema dell'assistenza, il governo cinese ha già ideato dei piani pensionistici speciali per sostenere la popolazione rurale, fascia particolarmente colpita dal "problema del figlio unico": dallo scorso agosto,infatti, è stato annunciato che i contadini di età superiore ai 60 anni potranno beneficiare del nuovo fondo pensionistico. Secondo le precedenti disposizioni sulla previdenza agricola i fondi erano principalmente a carico del contadino stesso, secondo un metodo di auto-deposito; il nuovo fondo pensionistico rurale prevederà invece una duplice rimunerazione: la prima su base individuale, la seconda costituita da un sussidio collettivo e da un sovvenzione governativa. I contadini usufruiranno quindi di un doppio pagamento: uno costituito dalla pensione di base e l'altro da un conto personale, di cui la prima completamente finanziata dallo stato. Ma ciò che potrebbe minare realmente l'economia cinese è la carenza di forza lavoro: ad una popolazione più anziana corrisponde infatti, com'è ovvio, una penuria di lavoratori, una condizione pericolosa per un paese come la Cina che ha fatto dell'immensa disponibilità di manodopera a basso costo il punto di forza della sua economia. In risposta a queste allarmanti proiezioni il governo si è mosso verso una politica più rilassata: nelle città di Pechino e Shanghai è stata lanciata una campagna che incoraggia le coppie, composte da due genitori a loro volta figli unici, ad avere più di un bambino.
Il "permesso" è previsto anche per le coppie in cui uno dei due genitori fosse divorziato e avesse avuto un figlio dal precedente matrimonio, e per quelle in cui uno dei due fosse affetto da un handicap limitante ai fini del lavoro.
Ma se le conseguenze in campo demografico ed economico sono preoccupanti, ancora più gravi sono quelle sociali.
Omicidio di genere
La Cina è un paese in cui la disuguaglianza tra i sessi è sempre più evidente e gli studiosi ritengono la pianificazione familiare la responsabile indiretta della ricomparsa del fenomeno. Nonostante l'art. 22 proibisca qualsiasi tipo di discriminazione nei confronti delle donne che danno alla luce figlie femmine o delle stesse neonate -che spesso rischiano l'abbandono o il maltrattamento-, queste pratiche non solo esistono, ma sono così diffuse da aver causato un gap nel rapporto tra i sessi.
Già 40 anni fa la media dei bambini maschi era poco più alta di quella del resto del mondo ma, da quando è stata introdotta la pianificazione familiare, ad ogni censimento lo squilibrio è cresciuto enormemente. Nel mondo si calcola che ogni 100 bambine nascano 106 bambini; nel 2000 in Cina la sproporzione è salita a 117. Tra il 2000 e il 2004 lo squilibrio si è attestato a 124 maschi ogni 100 femmine. Ciò significa che ogni anno mancano all'appello 900 000 bambine. Molte famiglie cinesi, come già accennato, sono ancora molto condizionate dalla cultura tradizionale e insistono per avere un figlio maschio che perpetui la specie e che - soprattutto nelle zone rurali – aiuti materialmente la famiglia, specie nel lavoro dei campi. La donna rappresenta invece un peso economico da sopportare fino al giorno in cui sarà data in sposa ad un uomo. E il peso della tradizione è tale che, secondo uno studio del Guttmacher Institute - Istituto di ricerca americano sulla salute riproduttiva - la maggior parte delle donne che danno alla luce una figlia femmina soffre di una depressione post parto dovuta al senso di colpa e alla mancanza di supporto da parte della propria famiglia.
L'Economist attribuisce il fenomeno dello squilibrio dei sessi a tre fattori concomitanti: la tradizionale preferenza verso il figlio maschio, il declino della fertilità e la diffusione delle tecnologie che permettono di sapere in anticipo il sesso del nascituro. Se alla prima gravidanza i genitori possono accettare una figlia femmina alla seconda (ammesso che sia loro concessa) faranno di tutto per avere un maschio ricorrendo a qualsiasi mezzo; "mezzi" che consistono principalmente in aborti selettivi, mancata registrazione di neonati e infanticidio. Se lo squilibrio tra i sessi si è radicato in tutta la Cina diverso è il modo in cui si manifesta in città e in campagna.
In città dove le famiglie sono più ricche e hanno facile accesso alle nuove tecnologie ha preso piede la pratica dell'aborto selettivo. Sebbene l'art. 35 proibisca l'uso di macchinari ad ultrasuoni per l'identificazione del sesso del feto per scopi non medici e l'interruzione volontaria della gravidanza a scopo di discriminazione sessuale, molti cinesi continuano a servirsi dei macchinari, di esami dell'amniocentesi e di ecografie per interrompere la gravidanza. Le coppie spesso continuano a ricorrere all'aborto fino al concepimento di un maschio che, una volta nato, sarà caricato delle aspettative di tutta la famiglia e viziato al punto da diventare un "piccolo imperatore" – espressione usata dai cinesi per indicare i figli unici viziati -.
Nelle campagne la situazione è diversa: le famiglie povere, che non dispongono di denaro a sufficienza per gli esami medici, "rimediano" alla nascita indesiderata nascondendo il bambino, o, nel caso in cui si trattasse di una femmina, ricorrendo all'abbandono, alla vendita o, nel peggiore dei casi, alla loro uccisione. Quello dei "bambini fantasma" è un fenomeno che abbraccia entrambi i sessi sebbene il sesso debole sia quello più colpito. Accade molto spesso che, quando una donna riesce a tenere nascosta la gravidanza eludendo i controlli, non denunci poi il bambino o la bambina all'anagrafe per paura delle conseguenze. D'altro canto, gli stessi funzionari addetti alla pianificazione familiare hanno tutto l'interesse che i dati in loro possesso siano conformi ai loro obiettivi di riferimento. La mancata registrazione però costituisce un problema per lo stesso bambino che non potrà godere di alcun diritto, dovrà condurre una vita nell'anonimato e forse, non potendo accedere alle cure sanitarie, potrà morire di una banale malattia. Sebbene il fenomeno dei bambini "fantasma" sia molto diffuso – tanto da falsare le statistiche riguardanti le nascite- molte famiglie, anziché "sfamare un'altra bocca" e rischiare pesanti sanzioni, preferiscono ricorrere all'abbandono o all'infanticidio.
Le bambine abbandonate vengono spesso rapite per alimentare il mercato dei trafficanti di esseri umani e di organi. Quella della vendita è, invece, una sorte che non spetta solo alle neonate ma che colpisce anche le adolescenti e le donne adulte. Lo squilibrio creato dalla preferenza verso il sesso maschile, ha comportato un aumento di scapoli – i guanggun "rami secchi"- . Secondo uno studio dell'Accademia cinese di Scienze sociali, tra dieci anni un ragazzo su cinque non troverà più moglie perché non ci saranno donne. Per un contadino poi è ancora più difficile trovare moglie; così, molti trafficanti rapiscono le donne - dietro la promessa di un impiego in un'altra città - e le rivendono nelle campagne, spesso molto lontane dal luogo di origine, dove saranno prese in sposa. Molte bambine alle quali vengono risparmiate la vendita, l'abbandono, e l'uccisione, perdono la vita alla prima malattia perché vittime di omissione di cure sanitarie o di soccorso. Secondo uno studio sul decesso di bambini in ospedale, condotto dalla sociologa Kay Johnson, emerge che solo il 40% delle femmine provenienti dalle zone rurali sono state portate in ospedale 24 ore prima della morte contro il 60% dei maschi.
Un'esperta come Li Yinhe, sociologa dei sessi dell'Accademia Cinese di Scienze Sociali, nota per la larghezza di vedute sul tema delle libertà sessuali, sostiene però che la politica del figlio unico sia ancora necessaria, oggi come ieri: "Io non mi occupo di demografia, bensì studio la cultura delle nascite nei villaggi poveri e ritengo che abolire la politica del figlio unico sarebbe un disastro/catastrofe enorme per la Cina" sostiene la sociologa in un articolo. "La Cina è un paese contadino. Nelle campagne vi sono ancora difficoltà economiche e la nascita di più figli, ipoteca ulteriormente la qualità della vita. Inoltre, data l'alta densità della popolazione e la scarsità delle risorse del territorio, la Cina non può permettersi un alto tasso di natalità, poiché questo comprometterebbe ulteriormente le condizioni di vita della popolazione". La Cina, insomma, anche in materia di sesso, sembra stretta ancora una volta tra l'incudine e il martello: tenere testa ai tumultuosi cambiamenti sociali delle politiche adottate dal governo, e mantenere un tasso costante di crescita economica.
di Sonia Montrella
(hanno collaborato Antonio Talia e Giulia Ziggiotti)