FIDUCIA IN EURO ANCHE DOPO DECLASSAMENTO
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FIDUCIA IN EURO ANCHE DOPO DECLASSAMENTO

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FIDUCIA IN EURO ANCHE DOPO DECLASSAMENTO
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Pechino, 20 set.-  Il declassamento del rating italiano di Standard and Poor's non comprometterà il sostegno della Cina. Lo ha reso noto il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei: "La Cina continua ad avere fiducia nell'economia europea e in quella dell'Eurozona e continua a considerare l'Europa un importante mercato di investimento".  "Riteniamo – ha aggiunto il portavoce - che l'Europa abbia la capacità e l'intenzione di superare le attuali difficoltà e di lasciarsi alle spalle la crisi e ci auguriamo che sappia difendere gli investimenti cinesi".

 

Circa  un quarto dei 3,2 trilioni di debito estero detenuto da Pechino è denominato in euro e secondo quanto riportato dal Financial Times qualche giorno fa, il governo italiano è in trattativa con la Cina per l'acquisto di una quota "significativa" del debito pubblico tricolore."I paesi europei devono far fronte ai problemi del debito. Abbiamo più volte detto che intendiamo aiutarli e che continueremo a investire in Europa", le parole del premier Wen Jiabao, intervenuto al World Economic Forum, non lasciano trapelare ancora alcuna indiscrezione riguardo la possibile acquisizione da parte di Pechino di buoni del tesoro italiani.

 

Ad aprire le casse di Pechino in favore dell'Eurozona, sostengono diversi analisti, scopi sia economici che politici. Sostenendo il debito europeo la Cina mira ad assicurare la stabilità economica  e di conseguenza un sostenuto interscambio commerciale con il gigante asiatico. Una euro più debole, al contrario, potrebbe rendere le importazioni dalla Cina meno convenienti per gli europei. Non solo. All'aumentare del sostegno della Cina, cresce anche il peso della Cina nell'Ue, già presente con diversi progetti nei porti greci (nel Pireo) e italiani (Napoli). Tuttavia l'obiettivo supremo del Dragone resta sempre uno: quello di veder riconosciuto al Paese lo status di economia di mercato. E per accorciare i tempi sembra che Pechino stia puntando sul sostegno alla crisi del debito europeo. La scorsa settimana, nel corso del World Economic Forum – il Davos cinese – a Dalian, il premier Wen Jiabao aveva 'suggerito' all'Europa di riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato come ricompensa degli aiuti offerti da Pechino. "Se i paesi dell'Eurozona fossero in grado di dimostrare la loro sincerità con qualche anno di anticipo, sarebbe quello il modo in cui un amico tratta un altro amico" aveva dichiarato Wen.

 

Una dichiarazione che aveva attirato numerose critiche al di là dei confini nazionali tanto da costringere il portavoce del ministero del Commercio a tornare sull'argomento nel corso della conferenza stampa di routine che si è tenuta martedì mattina a Pechino.
Nessun aut aut: il riconoscimento della Cina come economia di mercato non rappresenta una precondizione per il finanziamento del debito europeo da parte di Pechino,  ha sottolineato Shen Danyang. "Si tratta di due temi separati. La Cina non fissa delle condizioni quando offre una mano ad altri Paesi. Chiediamo solo rispetto per il nostro aiuto sincero" ha dichiarato Shen. "Dopo 30 anni di riforme e di aperture, il Paese si è ormai trasformato in un'economia di mercato – ha continuato il portavoce -. Tuttavia L'Europa non riconosce ancora lo status. Ne siamo molto delusi". In base alle regole stabilite dall'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) - cui Pechino ha preso parte nel 2001 - lo status di economia di mercato verrà riconosciuto alla Cina nel 2016. Il 'titolo' renderebbe più difficile per i Paesi europei applicare sanzioni commerciali ai beni provenienti dall'Impero di Mezzo. Oltre a rimuovere una serie di barriere alle esportazioni e investimenti cinesi in Europa, il riconoscimento darebbe una mano al Dragone nella risoluzione delle controversie in seno al Wto. Un traguardo che, considerata l'entità dei benefit, la Cina spera di raggiungere prima dei termini fissati dall'OMC.

 

A tendere la mano all'Ue, oltre alla Cina anche gli altri Brics (Brasile, Russia, India e Sudafrica). Secondo il giornale brasiliano Valor Economico, i paesi emergenti del Brics hanno già comprato e continueranno a comprare titoli del debito pubblico europeo tramite l'Efsf, il fondo europeo salva-stati. "Siamo molto contenti - dice Christophe Frankel, responsabile finanziario dell'Efsf - di vedere che i paesi del Brics stanno investendo nel nostro debito". "Questo - aggiunge - rappresenta una diversificazione molto interessante rispetto ai nostri investitori base". Secondo il giornale l'Efsf ha già tenuto numerose teleconferenze con i paesi del Brics. L'Efsf, creato nel 2010, ha rastrellato pacchetti di bond portoghesi e irlandesi e le sue emissioni dono valutate a tripla A dalle agenzie di rating.

 

Altre fonti anonime sostengono inoltre che il Brasile proporrà ai Paesi emergenti del Brics di creare nuovi fondi a disposizione del Fondo monetario internazionale per aiutare l'Europa a uscire dalla crisi del debito. Il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, lancerà questa proposta a un vertice dei cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che si terrà questa settimana a Washington.

 

Intanto dalla Banca Mondiale arriva un monito: "L'eurozona non può contare sul sostegno delle economie emergenti per risolvere la crisi del debito" fa sapere il presidente Robert Zoellick. "Ci potranno essere occasioni nelle quali i fondi sovrani potrebbero fare alcuni investimenti - ha sottolineato Zoellick - ma va anche considerata l'esitazione con la quale molti in Cina vedono l'impiegare per il salvataggio dell'Europa denaro che e' stato guadagnato con il sudore da gente che ha un reddito annuo di 4 mila dollari, quindi non credo accadrà". Si è parlato spesso infatti, nei giorni scorsi, della possibilità che Pechino e altre economie emergenti mettessero mano alle loro colossali riserve di liquidità per lanciare un salvagente ai paesi europei più indebitati.

 

Il numero uno della Banca Mondiale si è poi soffermato sugli effetti della crisi del debito europea sulle economie in via di sviluppo, che rischiano di farsi trovare più vulnerabili di fronte a un nuovo tracollo globale a causa del "minor spazio di manovra fiscale per reagire". "Il crollo dei mercati e della fiducia potrebbe causare un decremento degli investimenti dei paesi in via di sviluppo e una diminuzione della spesa per consumi, e un calo della domanda da parte delle economie emergenti significherebbe che perderemmo i loro motori economici come traino della ripresa globale - ha concluso Zoellick - Dobbiamo fare attenzione, soprattutto se l'eurozona e gli Usa continuano a procedere fuori dai binari".

 

di Sonia Montrella

 

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