Pechino, 18 apr.- Seconda domenica di passione per i cristiani protestanti di Pechino che non aderiscono alla Chiesa Patriottica, mentre la Pasqua è ormai alle porte: ieri la polizia ha trattenuto in stato di fermo una cinquantina di appartenenti alla chiesa di Shouwang, nel nordovest della capitale.
Come domenica scorsa, i fedeli avevano tentato di celebrare la messa all'aperto dopo che il ristorante dove si riuniscono abitualmente ha negato loro la disponibilità. Ma se una settimana fa i fermati erano stati oltre un centinaio, ieri- data la presenza ancora più massiccia delle forze di polizia e altri fermi effettuati negli ultimi giorni- l'affluenza al rito all'aperto è stata minore. "Siamo stati trattenuti per esserci riuniti senza un'autorizzazione" hanno raccontato ad un'agenzia straniera alcuni cristiani che preferiscono rimanere anonimi.
Il quotidiano ufficiale "Global Times" - controllato dal Partito Comunista Ufficiale, e noto per le posizioni ultragovernative - ha descritto la vicenda in termini di ordine pubblico. "La società cinese riconosce una grande importanza all'armonia, e coloro che sono animati da una fede religiosa dovrebbero sostenere l'armonia con una convinzione ancora maggiore - si legge in un editoriale pubblicato la scorsa settimana - senza causare alcun disturbo alla quiete pubblica nel manifestare il loro credo e senza porsi in contrapposizione con la società".
Negli ultimi anni la pratica di officiare messa in luoghi di culto noti -ma non aderenti alle Chiese ufficiali riconosciute dal Partito Comunista - era stata tollerata, tanto che secondo alcune stime i fedeli delle chiese protestanti ufficiose sarebbero circa 60 milioni contro i 20 di quelle approvate dal governo. Il nuovo giro di fermi segnala invece un inasprimento della situazione, probabilmente legato ai timori che stanno attraversando la leadership cinese dopo le ribellioni scoppiate in Medio Oriente e in Nordafrica.
Da quando nel febbraio scorso un anonimo gruppo di dissidenti ha iniziato a diffondere messaggi che invitavano la popolazione a scendere in piazza per una "rivolta dei gelsomini" sulla falsariga di quella esplosa in Tunisia, le forze dell'ordine hanno sottoposto a restrizioni della libertà personale centinaia di attivisti, avvocati del movimento per i diritti umani e critici del regime, tra cui anche Ai Weiwei, l'artista cinese più noto al mondo.
di Antonio Talia
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