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Roma, 18 set. - Alla fine ha vinto la cautela. Di fronte alle turbolenze che hanno investito le borse cinesi, la Federal Reserve ha deciso di rimandare (probabilmente a ottobre) l'annunciata stretta monetaria e di lasciare i tassi invariati a quel minimo storico tra lo zero e lo 0,25% al quale sono inchiodati ormai dal dicembre 2008. Se la ripresa degli Stati Uniti appare ormai abbastanza solida da reggere un aumento del costo del denaro, salvo un'inflazione ancora ben lontana dall'obiettivo del 2%, a spingere la Fed ad andare con i piedi di piombo e' stata la recente fase di volatilita' attraversata dai mercati finanziari, in particolare quelli dei paesi emergenti, i piu' soggetti al rischio di fuga di capitali una volta normalizzata la politica monetaria statunitense.
In conferenza stampa Janet Yellen, numero uno dell'istituto di Washington, e' stata piuttosto esplicita in merito: "La ripresa ha progredito a sufficienza, ci sono ragioni per alzare i tassi ora e ne abbiamo discusso ma alla luce delle incertezze estere e dell'inflazione piu' bassa, abbiamo deciso di aspettare". "La preoccupazione per la Cina e i mercati emergenti ha portato volatilita' sui mercati e, date le significative interconnessioni tra gli Usa e il resto del mondo, la situazione va osservata con atteanzione", ha proseguito il presidente della Fed, che ha ribadito come "il primo rialzo dei tassi sara' opportuno una volta che avremo visto ulteriori miglioramenti sul mercato del lavoro e l'inflazione sara' tornata a crescere'". Questo punto, sottolineato anche nel comunicato finale del Fomc, non contraddice la connessione tra la crisi cinese e la cautela di Washington. Se l'inflazione resta al palo dopo anni di tassi a livello zero e le esportazioni mostrano qualche segno di fiacchezza dipende infatti in larga parte da fattori esogeni, quali il crollo del prezzo del petrolio e il rafforzamento del dollaro sul mercato dei cambi, fattori che, ha assicurato Yellen, restano comunque "transitori". Lo scenario che sembra profilarsi e' quello evocato nei mesi scorsi da molti osservatori: una stretta monetaria 'dolce' con un primo rialzo entro la fine dell'anno destinato a non essere seguito da un secondo per parecchi mesi.
Anche in questo caso Yellen ha parlato chiaro: Dopo il primo rialzo dei tassi di interesse, la politica monetaria della Federal Reserve "restera' molto accomodante per un po' di tempo". E "rimane una possibilita'" che il primo ritocco avvenga in occasione del direttivo di ottobre. La maggior parte dei dieci membri del Fomc (la cui decisione non e' stata unanime: Jeffrey Lacker della Fed di Richmond ha votato per un rialzo), assicura Yellen, resta comunque orientata a un aumento dei 'Fed Funds' "entro la fine dell'anno". I mercati, intanto, non sembrano aver capito bene come interpretare la decisione.Wall Street sta mantenendo un andamento assai altalenante, toccando rialzi vicini all'1,5% per poi azzerarli alcuni minuti dopo. In forte calo, come prevedibile, il biglietto verde, sceso sotto quota 120 yen, mentre l'euro e' schizzato sopra 1,14 dollari.
Cina promette no rischio
deflusso capitali in attesa Fed
Di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 17 set. - La Cina non teme un eventuale aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve. A poche ore dall'annuncio di Janet Yellen sull'aumento o meno del costo del denaro, la Cina nega con forza il rischio di un deflusso di capitali dal Paese perché "le pressioni verso il deprezzamento dello yuan sono state largamente rimosse e il suo valore si è quasi stabilizzato", ha reso noto oggi la Safe, l'ente del governo cinese che si occupa della supervisione del foreign exchange.
L'aumento dei tassi di interesse, teme Pechino, potrebbe avere tra gli effetti quello di vedere un flusso di capitali in uscita dalle economie emergenti tornare verso gli Stati Uniti. Pechino detiene ancora immense riserve valutarie in dollari, per un totale di 3560 miliardi, nonostante il forte calo di agosto, il più alto mai registrato, che ha comportato un taglio di 93,9 miliardi di dollari per sostenere la valuta cinese dopo la svalutazione a sorpresa del mese scorso. Per la Safe i fondamentali dell'economia cinese rimangono solidi e anche se la vendita di valuta straniera nelle banche cinesi è in aumento la crescita non viene giudicata "anormale" o "su larga scala".
Pechino, assicurano le autorità cinesi, sta studiando la risposta alla possibile decisione della Fed, ma anche nel caso di un aumento dei tassi di interesse, l'aumento del costo del denaro deciso dagli Usa avrebbe "effetti limitati" sull'economia cinese. Dietro le parole di facciata, la possibilità di un'emorragia di capitali non è sottovalutato da Pechino. Per evitare il deflusso settimana scorsa la Safe aveva deciso di stringere i controlli sui movimenti di capitali dopo la svalutazione del renminbi, ordinando alle banche di rafforzare i controlli su tutte le transazioni in valuta estera per evitare il rischio di fuoriuscite di capitali mascherate, per esempio, con sovrafatturazioni dell'export, come già avvenuto in passato.
17 SETTEMBRE 2015
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