Pechino, 18 mar.- Nonostante tutte le misure messe in campo dal governo, i prezzi delle abitazioni nelle principali città cinesi sono aumentati anche nel mese di febbraio: i dati diffusi venerdì mattina dall'Ufficio Nazionale di Statistica mostrano che sui 70 più importanti centri urbani presi in esame, solo 8 città hanno registrato una flessione dei costi degli appartamenti di recente costruzione, in 6 città i prezzi sono rimasti invariati e nelle restanti 56 si è assistito a nuovi rincari. Sul fronte delle unità abitative già occupate e rivendute successivamente, invece, i prezzi sono cresciuti in 50 città, mentre solo 4 hanno riportato degli abbassamenti.
A Pechino, dove l'amministrazione locale ha aumentato gli anticipi per l'acquisto dell'abitazione e proibito l'acquisto della terza casa, a febbraio i prezzi degli appartamenti sono aumentati dello 0.4% rispetto al mese precedente e del 6.8% anno su anno. A Shanghai e Chongqing, le due città in cui dall'inizio dell'anno è stato avviato il progetto pilota per l'istituzione di un'imposta sulle proprietà immobiliari, si sono registrati aumenti dello 0.9% e dello 0.4% rispetto a gennaio, mentre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno si è assistito a rincari del 2.3% e del 6.2%, rispettivamente.
Dal gennaio 2011 l'Ufficio Nazionale di Statistica ha smesso di pubblicare i dati complessivi sull'aumento medio delle 70 principali città cinesi, un metodo di calcolo inaugurato lo scorso anno, ma definito "incapace di riflettere le differenze regionali tra diverse aree della Cina".
"Lotteremo contro la speculazione edilizia con tutti i mezzi a nostra disposizione" aveva detto il premier Wen Jiabao nel corso del suo discorso all'Assemblea Nazionale del Popolo, sorta di versione cinese del discorso sullo stato dell'unione, ed è proprio lo scoppio di una bolla speculativa, insieme alle tensioni sociali generate dall'impossibilità per la classe media di acquistare una casa di proprietà, la maggiore preoccupazione del governo di Pechino: negli ultimi sei anni i prezzi delle abitazioni sono costantemente cresciuti, dapprima nelle province costiere più sviluppate, e successivamente anche nell'interno del paese.
Nell'ultimo anno, poi, i costi hanno subito rincari da guinness: a rendere incandescente il settore immobiliare cinese ha contribuito in maniera determinante l'enorme liquidità erogata dalle banche – che nel 2009 ha raggiunto la cifra record di 9590 miliardi di yuan – gran parte della quale è stata investita proprio nel real estate. L'ascesa continua dei prezzi degli immobili ha scatenato la corsa degli speculatori - spesso spalleggiati dalle amministrazioni locali - ad accaparrarsi quanti più terreni edificabili possibile.
Sono proprio le amministrazioni locali a rendere la questione ancora più complessa: a partire dal 2008, per aggirare il divieto di ottenere finanziamenti, gli enti locali hanno creato le LIC, acronimo che sta per Local Investment Companies. Si tratta di agenzie semipubbliche – ai cui vertici siedono uomini di fiducia delle amministrazioni, quando non gli stessi funzionari locali- che hanno ottenuto credito dalle banche presentando come garanzia il più importante asset che possiedono: la terra, che in Cina è di proprietà dello stato. Secondo un rapporto della China Banking Regulatory Commission pubblicato dal settimanale Caixin nel luglio scorso, le LIC avrebbero ottenuto prestiti per 7660 miliardi di yuan (839 miliardi di euro, al cambio attuale), dei quali il 23% andrebbe ormai classificato come credito in sofferenza e il 50% avrebbe un esito "incerto". Secondo una stima indipendente del gruppo di ricercatori della Northwestern University of Illinois sotto la guida del professor Victor Shih, i prestiti concessi alle LIC ammonterebbero invece a più di 11mila miliardi di yuan (1205 miliardi di euro).
Adesso, si teme che un crollo repentino del mercato possa ripercuotersi sugli istituti di credito, che nel 2010 hanno effettuato stress test per verificare gli effetti che avrebbe sui loro asset un collasso dei prezzi fino al 60% dei valori attuali. La scorsa settimana l'agenzia di rating Fitch aveva pubblicato uno studio secondo il quale c'è il 60% di possibilità che una crisi del sistema finanziario cinese, innescata dallo scoppio della bolla immobiliare, si verifichi entro il 2013. Le altre agenzie di rating, tuttavia, non si erano mostrate così pessimiste, sostenendo che le misure varate dal governo per contenere gli aumenti vanno nella giusta direzione.
di Antonio Talia
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