Pechino, 25 mag.- L'Europa si conferma ancora la prima destinazione delle esportazioni cinesi dei prossimi anni. Nemmeno la crisi monetaria dell'eurozona è riuscita a scalzare i paesi dell'Unione europea dal primo posto nella classifica delle preferenze del Dragone; la Cina, al contrario, sostiene di confidare molto nella ripresa europea. E' ciò che emerge da un'indagine condotta dall'Università di Economia e Affari Internazionali di Pechino (UIBE) su un campione di 300 aziende cinesi esportatrici dislocate in oltre 20 province e operanti perlopiù nel settore manifatturiero. Di queste, il 52% ha confermato di voler vendere i propri prodotti alle nazioni europee.
"L'Europa non permetterà alla sua moneta di fallire", aveva dichiarato il presidente del Consiglio dell'Ue Herman Van Rompuy in visita a Pechino giorni fa tentando di appianare i timori di Pechino sulla crisi dell'eurozona. Grazie alla stringenti misure adottate per contrastare la crisi del debito pubblico,"la moneta europea è forte e stabile, anche più salda della vostra"(questo articolo). E la preferenza all'Europa come mercato di sbocco andrebbe attribuita proprio"al rafforzamento dell'euro sullo yuan che rende i prodotti cinesi estremamente competitivi". A sostenerlo è Zhang Yansheng, direttore del dell'Istituto per la ricerca economica internazionale presso la Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo, che tuttavia avverte: "i cinesi devono essere molto accorti: è probabile che la crisi del debito europeo peggiori e che Bruxelles decida di adottare misure commerciali contro le importazioni cinesi". Già negli anni scorsi l'Ue, preoccupata per la concorrenza sleale rappresentata dai prodotti cinesi, ha più volte fatto ricorso alle barriere doganali contro beni Made in China - quali viti, bulloni, prodotti ferrosi e piastrelle di ceramica - fino alle schermaglie sulle tariffe imposte a metà maggio dall'Unione europea sull'import di carta patinata cinese (questo articolo). Ed è per i dazi sull'importazione di quest'ultimi che l'Ue è finita sul banco degli imputati presso l'Organizzazione Internazionale del Commercio che lo scorso dicembre ha definito "discriminatorie" e "contrarie alle normative del WTO" le misure anti-dumping imposte alla Cina dall'Ue (questo articolo).
Tuttavia non sembrano essere le barriere doganali europee a preoccupare gli esportatori quanto piuttosto le conseguenze del graduale apprezzamento dello divisa cinese. Dopo aver vincolato lo yuan al dollaro nel 2008, allo scoppio della crisi finanziaria globale, la Banca centrale di Pechino ha adottato un tasso di cambio più flessibile nel giugno del 2010 scorso; da allora la moneta cinese si è rivalutata sul biglietto verde di circa il 6,5%. Il 75% degli intervistati dalla UIBE è concorde sul fatto che la rivalutazione avrà un grosso impatto sulle esportazioni, tuttavia il 57% non si considera esposto a rischi operativi. Inoltre il 72% ritiene che l'aumento del costo delle materie prime, dell'energia e del lavoro rappresenterà l'altra grande sfida.
Negli ultimi anni gli scambi tra Pechino e Bruxelles si sono intensificati al punto che l'Unione europea è ormai la prima destinazione per le esportazioni cinesi e la Cina rappresenta per l'Europa il secondo partner commerciale dopo gli Stati Uniti.
La Redazione
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