Pechino, 2 set.- L'economia cinese? È tuttora una delle più strettamente controllate al mondo, almeno secondo il presidente della Camera di Commercio dell'Unione Europea Jacques de Boisesson, che nel corso della presentazione del tradizionale dossier annuale sulle condizioni di business in Cina ha invitato Pechino a migliorare le condizioni di accesso al mercato interno per le imprese straniere. "Al momento, i problemi di regolamentazione non hanno spinto le società europee a muoversi altrove,- ha detto de Boisesson - ma se non si assiste a un miglioramento le cose potrebbero cambiare. Tuttavia, io non consiglio agli europei di sospendere i loro piani di investimento in Cina, perché sono fiducioso che un rinnovato dialogo con il governo cinese possa limitare o risolvere tutti i problemi sollevati nel nostro dossier".
Nelle 647 pagine del rapporto, stilato in inglese e in cinese, lo staff della Camera Europea ha messo in luce numerosi casi di regolamenti estremamente stringenti e normative di complessa applicazione che creano grattacapi quotidiani agli imprenditori stranieri in Cina,e ha incluso più di 380 suggerimenti su come migliorare le condizioni d'investimento: i ricercatori EUCCC, ad esempio, sottolineano come il Dragone non abbia ancora adempiuto agli impegni assunti in seno all'Organizzazione Mondiale del Commercio per garantire alle imprese estere l'accesso a settori quali le telecomunicazioni, le prenotazioni online di biglietti aerei e la distribuzione di carburante; "Aprire una controversia davanti alla WTO, però, a nostro avviso resta l'extrema ratio" ha detto ancora de Boisesson. Altro punto dolente, secondo il presidente EUCCC, è quello costituito dalla imprevedibilità con la quale le norme cinesi entrano in vigore: "Imposte, norme ambientali, e leggi sul segreto commerciale possono essere allo stesso tempo severe ed estremamente variabili. Contemporaneamente, l'applicazione delle norme sulla proprietà intellettuale è tale che spesso le imprese straniere vengono lasciate senza tutela contro i concorrenti che copiano i loro prodotti".
De Boisesson, insomma, non si discosta molto dall'impostazione del suo predecessore Joerg Wuttke, che nel corso del suo mandato aveva polemicamente sollevato l'allarme sul crescente rischio protezionismo in Cina. Da tempo, inoltre, Cina e Unione europea sono impegnate in una serie di schermaglie commerciali sull'importazione di numerosi prodotti, dalla fecola di patate (sul cui import dall'Europa Pechino ha recentemente aperto un'indagine) alle calzature (sulle quali Bruxelles, lo scorso dicembre, ha esteso l'applicazione delle tariffe antidumping). "I problemi che solleviamo non riguardano solo le aziende europee,- ha concluso De Boisesson - ma noi, a differenza degli USA, scegliamo di dialogare a un livello strettamente affaristico, senza portare le questioni su un piano politico".
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