Enel frenerà la CO2 cinese
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Enel frenerà la CO2 cinese

Enel frenerà la CO2 cinese

Energia. Accordo con Pechino per fornire la tecnologia di stoccaggio del biossido di carbonio
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Cristina Casadei
PECHNO. Dal nostro inviato
«Le prime volte che venivamo in Cina, la sera tornavamo con la camicia sporca di nero». Il lascito delle emissioni ambientali nel paese che produce oltre l'80% dell'energia dal carbone, Livio Vido, oggi direttore della divisione ingegneria e innovazione dell'Enel, se lo ricorda ancora bene. A distanza di qualche anno a Pechino non è più così e un'aria lattiginosa ha preso il posto di quella nera di quando in città c'erano ancora le fabbriche. La Cina però ha ancora molto da fare per diventare un paese impegnato nella salvaguardia dell'ambiente.
Il problema oggi si chiama CO2, «la grande responsabile del riscaldamento del globo», precisa Vido, e il motivo fondante dell'accordo firmato ieri da Enel con il ministro della Scienza e della tecnologia cinese, Wan Gang, e il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo, reduce dalla firma in Italia di altri nove decreti Via (la valutazione d'impatto ambientale) per investimenti pari a 2,3 miliardi di euro. A Pechino per l'Italia si è rafforzata un'intesa che «consentirà lo sviluppo, tra gli altri, di nuovi progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da carbone pulito e per l'efficienza energetica – spiega il ministro Prestigiacomo –. Ormai da tempo stiamo investendo sulla tecnologia di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, come dimostrano i tanti accordi bilaterali che abbiamo siglato negli ultimi mesi, non ultimo quello con l'Australia in occasione del G8 di Siracusa». L'intesa di ieri però ha fatto dell'Italia il primo paese europeo che realizza un programma di questa portata con la Cina, «un'ulteriore conferma della funzione di volano per gli investimenti italiani che la cooperazione ambientale ha saputo svolgere in questi dieci anni», aggiunge Prestigiacomo. Dal 2000 ad oggi il governo italiano «ha fornito circa 176 milioni di euro per finanziare 90 progetti che per le imprese hanno alimentato un giro d'affari di un miliardo e 240 milioni di euro», precisa il direttore generale del ministero dell'Ambiente, Corrado Clini. Per l'Enel ieri si è invece rafforzata «quella collaborazione con le istituzioni cinesi avviata nel 2004 – spiega Vido –. L'accordo favorirà il confronto tra i ricercatori dei due Paesi nello sviluppo di nuove tecnologie per ottenere una significativa riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dalle centrali termoelettriche».
La multiutility italiana fornirà ai partner l'esperienza accumulata nella realizzazione dell'impianto pilota della centrale Federico II di Brindisi dove «a partire dal 2010 – continua Vido – sperimenteremo la più avanzata tecnologia di cattura della CO2». E cioè quella che è stata proposta alla Cina e che rappresenta la "frontiera pulita" dell'uso del carbone per produrre energia. In pratica i fumi delle centrali a carbone «vengono lavati attraverso soluzioni chimiche per separare l'anidride carbonica che anziché essere liberata nell'aria viene catturata e liquefatta – spiega Vido –. A quel punto va trasportata attraverso apposite pipeline in giacimenti che possono essere miniere di carbone esaurite, acquiferi salini profondi, caratterizzati da notevoli capacità di stoccaggio, giacimenti esauriti di gas o petrolio dove la CO2 può essere usata per recuperare le quantità residue del combustibile presente». Il ministro cinese Wan Gang ha ribadito la fame di energia di un paese che pur con la crisi continua a crescere dell'8%, ma ha anche detto che la Cina adesso vuole impegnarsi «a ridurre l'impatto che le emissioni hanno sull'ambiente» e per questo è alla ricerca di soluzioni ecosostenibili.
L'accordo firmato con Enel rappresenta uno dei passi più importanti in questa direzione. In Cina vengono infatti rilasciate 5,6 miliardi di tonnellate di CO2, di cui 3 dal carbone. «Lo studio di fattibilità previsto dall'accordo riguarda la realizzazione presso una centrale a carbone cinese di un impianto per la cattura e il sequestro di CO2 - spiega Vido - e la sua iniezione in un giacimento petrolifero consentendo così di aumentarne anche la produzione di greggio». Un sito pienamente operativo potrebbe catturare 2 milioni di tonnellate all'anno di CO2, le potenzialità dello sviluppo dell'accordo potrebbero così portare alla realizzazione di 1.500 impianti, facendo della Cina il paese più interessante per il mercato di queste tecnologie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

15/09/2009
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