Milano, 06 ago. - Ci risiamo. Per la quarta volta negli ultimi tre mesi, scatta in Cina l'allarme sulla sostenibilità del debito delle finanziare controllate dagli enti locali. Questa volta è il Financial Times a rilanciare un allarme partito da un articolo pubblicato la settimana scorsa da New Century, settimanale in lingua cinese edito dal gruppo Caixin, distintosi in passato per articoli e inchieste economiche controcorrente. La rivista, citando un rapporto interno della CBRC, ha scritto che circa il 23% dei 7660 miliardi di yuan (875 miliardi di euro) prestati dagli istituti di credito cinesi alle Local Investment Companies è "a grave rischio di default"; inoltre, solo il 27% dei progetti lanciati dai governi locali cinesi starebbe generando gli utili necessari per ripianare i debiti contratti, mentre per il restante 50% le banche saranno costrette a esigere gli asset presentati dalle amministrazioni a garanzia dei prestiti, che nella maggior parte dei casi sono proprietà terriere.
Le radici di questo problema stanno nel pacchetto di stimolo all'economia varato nel novembre 2008 in risposta alla crisi economica scatenata in settembre dal fallimento di Lehman Brothers. In quell'occasione gran parte delle misure di rilancio venne assegnato alle autorità locali (province e municipalità), le quali non se lo fecero ripetere due volte e avviarono progetti di investimento o ampliarono iniziative già esistenti: spesso si trattava di progetti faraonici con prospettive di ritorno sul capitale alquanto arrischiate. Per aggirare i vincoli all'indebitamento previsti per le amministrazioni locali, esse hanno costituito apposite finanziarie da esse controllate che hanno contratto i finanziamenti e gestito le operazioni di investimento in infrastrutture e immobili. Il finanziamento è stato effettuato con prestiti o bond sottoscritti comunque dalle banche, le quali hanno ottenuto garanzie quasi sempre costituite da diritti di proprietà sui terreni (che in Cina sono di proprietà pubblica).
E' evidente che potenzialmente si tratta di un fenomeno molto pericoloso per la stabilità del settore creditizio. Da più parti già emergono segnali di indebolimento del settore immobiliare in Cina, con prestiti al settore in marcato rallentamento. Nel complesso i prestiti bancari in Cina sono cresciuti di oltre il 100% nel 2009 sulla scia dell'invito del governo a sostenere la ripresa, ed un effetto sulla qualità dei portafogli crediti appare inevitabile. Come riportato dall'FT, l'agenzia di rating Standard&Poor's ha stimato che se il 30% dei prestiti alle finanziarie locali diventasse irrecuperabile, i non performing loan del sistema bancario cinese salirebbero complessivamente del 4-6%. Un dato davvero preoccupante.
Dall'altro lato va sottolineato come, a fronte di una situazione oggettivamente problematica, vada anche tenuto presente che almeno da una certa parte dell'establishment occidentale vi è spesso, per ciò che riguarda la Cina, la tendenza a indicare un livello di criticità ancora maggiore a quello effettivamente esistente. In questo senso va detto che l'FT si è sicuramente distinto in passato per una particolare attenzione nell'evidenziare elementi di debolezza e potenziale instabilità dell'economia cinese.
Perciò, se è vero che le ampie rassicurazioni fornite martedì sulla situazione delle LLC da parte della Banca Centrale Cinese (la China Banking Regulatory Commission, l'authority bancaria di Pechino, ha negato che il debito contratto dai governi locali cinesi attraverso le cosiddette Local Investment Companies sia a rischio), vanno interpretate con una certa cautela, è pure vero che anche le notizie sugli gli allarmi vanno lette con gli occhiali giusti.
Quale è la conclusione, allora? Difficile formulare una valutazione precisa. E' possibile dire, però, che sebbene il quadro mostri effettivamente elementi di una certa criticità, le spalle dei soggetti regolatori del settore creditizio (in primis la Banca Centrale) appaiono sufficientemente larghe per evitare avvitamenti pericolosi. Occhi aperti, allora, ma evitando allarmismi eccessivi.
di Lorenzo Stanca
Lorenzo Stanca, salernitano, 47 anni, tra i founding partners di Mandarin Capital Partner, il fondo di private italo-cinese che ha cominciato ad operare a fine 2007, Lorenzo Stanca vanta una carriera venticinquennale in istituzioni fianziarie di alto profilo.Precedentemente all'esperienza di Mandarin, Stanca era stato responsabile delle Strategie Operative al Sanpaolo Imi. Al Sanpaolo era arrivato nel settembre del 2005 proveniente dal gruppo UniCredito dove era stato Capo dell'ufficio studi e poi capo dell'area mercati in UniCredit Banca Mobiliare, la banca di investimento del gruppo, di cui era stato uno dei fondatori.
E' presidente dal 2006 del Gruppo Economisti di impresa, l'associazione italiana degli economisti che lavorano in azienda sia negli uffici studi che in altre posizioni. Lorenzo Stanca è autore di numerosi paper su riviste accademiche e co-autore di libri di economia e finanza (di recente è stato tra gli autori di "Cina: la conoscenza è un fattore di successo" e "L'elefante sul trampolino" pubblicati dall'Arel), oltre a pubblicare frequentemente articoli su riviste e giornali economici.