C'è una parte di Cina che non sembra curarsi affatto della crisi: è quella che ruota intorno alle piattaforme finanziarie create dai governi locali, che negli ultimi mesi hanno assistito a un notevole incremento delle operazioni. Ma se da un lato i bond emessi da queste agenzie rappresentano un argomento "caldo" per i circoli finanziari cinesi, dall'altro tali metodi di finanziamento della spesa pubblica stanno suscitando diverse perplessità nel governo centrale, a Pechino, e di riflesso anche in molti imprenditori- cinesi o stranieri- che lavorano su progetti promossi dalle amministrazioni locali. I bond delle municipalità non vanno confusi con quelli emessi dalle province. Di cosa si tratta? Al centro di questa "euforia finanziaria" ci sono le numerosissime compagnie semipubbliche create dai governi locali (città, municipalità, etc.) per aggirare le restrizioni del governo centrale sulla raccolta di fondi attraverso il piazzamento di bond. Queste agenzie offrono al pubblico bond municipali "ibridi", che non sono vincolati direttamente a un unico progetto e possono essere anche spezzettati e veicolati attraverso diversi prodotti finanziari. Acquistando questi titoli di credito, insomma, si dà fiducia ai governi locali, che li garantiscono indirettamente attraverso asset come i terreni- che in Cina sono sempre di proprietà dello Stato- e i capitali provenienti dalle entrate fiscali, e in alcuni casi possono ripagare i sottoscrittori anche tramite sussidi governativi. Ogni agenzia può iniettare liquidi in uno o più progetti - che vanno da un nuovo palazzo a nuovi servizi pubblici- è può anche essere destinataria di prestiti bancari per il finanziamento di infrastrutture. Gli istituti bancari, da parte loro, stanno creando prodotti finanziari strutturati che inglobano anche i bond emessi dalle agenzie semipubbliche, e solo negli ultimi cinque mesi avrebbero rastrellato 100 miliardi di yuan (poco più di 10 miliardi di euro), destinati a finanziare opere pubbliche. Ma secondo l'influente settimanale economico Caijing i rischi stanno aumentando, complici anche il credito facile e il clima favorevole creato dall'enorme pacchetto di stimoli straordinari all'economia varato dal governo centrale nel novembre scorso: "Alcune di queste agenzie stanno rastrellando sempre più denaro- dice al periodico cinese Ni Hongri, ricercatore presso il Centro Ricerche e Sviluppo del Consiglio di Stato- ma non sanno come potranno ripagare". Inoltre, secondo gli osservatori di Pechino, alcuni istituti forniscono al pubblico pochi dettagli sui tassi di affidabilità e prendono decisioni basate quasi esclusivamente sulla capacità dei governi locali di ripagare. Se le garanzie di questi titoli- come le entrate fiscali o i terreni- non dovessero produrre ricavi nel medio periodo, parecchi governi locali potrebbero trovarsi molto indebitati. Gli esperti sono divisi sul fenomeno. Guo Lihong, ex direttore generale del Centro Ricerche e Sviluppo del Consiglio di Stato, sostiene la necessità di una maggiore regolamentazione di questi istituti, soprattutto attraverso una netta separazione delle responsabilità da attribuire alle piattaforme semipubbliche e agli uffici finanziari dei governi locali in senso stretto. Wang Tao, a capo di UBC China, invece, ritiene che vada cambiato il sistema attraverso il quale i prestiti bancari vengono utilizzati per finanziare i progetti locali, privilegiando gli stimoli fiscali all'uso del semplice credito, di cui troppo spesso si abusa. Quali sono i rischi per tutto il sistema, e per chi con i governi locali ci lavora? "Se le cifre sono quelle indicate da Caijing, 150 miliardi di yuan l'anno (circa 15 miliardi di euro) e parliamo di perdite tra il 20 e il 30%, allora non ci sono grandi preoccupazioni" spiega ad AgiChina24 un occidentale con una grande esperienza di finanza cinese. "Come esposizione totale del sistema non si tratta di una grande cifra. Quello che emerge è però una certa opacità: se l'esposizione fosse maggiore, e non ci sono strumenti per quantificarla, le carte in tavola cambierebbero". Come spesso avviene in Cina, la questione ha anche un risvolto politico: "Sono esposte le municipalità- conclude l'esperto- ma se le cose andassero male ritengo che il governo centrale sarebbe pronto a sostituirle nell'adempimento del debito. Un intervento che servirebbe anche su un piano più generale: quello di controllare meglio i vari governi locali, troppo spesso sede di veri e propri potentati".