di Sonia Montrella e Giovanna Tescione
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Roma, 2 mar.- "Non mi ero mai preoccupata dell'inquinamento, né indossato mascherine. Ma quando hai una vita dentro di te, una figlia, quello che respira diventa una tua responsabilità". Chai Jing, 39 anni ex volto della televisione cinese CCTV, si è messa a nudo in "Under the Dome", documentario sull'inquinamento ambientale in Cina di 104 minuti in stile TED'S Talk, pubblicato sabato e diventato subito virale con quasi 100 milioni di visualizzazioni. Obiettivo della giornalista sensibilizzare le coscienze dei più giovani verso quello che rappresenta uno dei più grandi mali che affliggono la seconda potenza economica al mondo.
A svegliare la sua di coscienza, la peggiore delle esperienze: una figlia ancora in grembo già malata di tumore benigno. Una notizia appresa di rientroda un viaggio nelle province più inquinate della Cina, dallo Shaanxi, allo Hebei al Zhejiang, preceduti da tanti altri reportage sul posto fatti in altre province inquinate della Cina, tra cui lo Shanxi, sua terra d’origine, già nel 2004.
Operata negli Stati Uniti subito dopo la nascita, oggi la bambina sta bene, ma la vita, la quotidianità della giornalista non è più la stessa: "A volte trovo mia figlia che guarda fuori dalla finestra desiderando di uscire. Ma quante volte posso portarla fuori?". In totale solo 190 giorni l’anno, sono questi i giorni in cui nel 2014 l'aria di Pechino è sembrata essere libera da smog, secondo una galleria fotografica che ha immortalato lo stesso scorcio della capitale per un anno.
La giornalista prova a rispondere a tre quesiti: cos'è lo smog, da dove proviene e cosa possiamo fare. Abituarsi a vivere in una nuvola di smog? La risposta è no. E i dati sono impressionanti, ogni anno in Cina, continua Chai Jing, sono oltre 500mila le persone che muoiono a causa dello smog. E se un adulto ogni giorno inspira circa 25mila volte – chiede Chai Jing al suo pubblico - come si fa ad evitare di ammalarsi?
Ma la giornalista fa notare: nessuno in Cina si salva dallo smog. Da nord a sud, da est a ovest, tutta la Cina è “sotto una cupola” di smog, con migliaia di acciaierie, miniere di carbone e centrali elettriche. Il governo non è senza responsabilità: regolamenti rilassati, monopoli di stato nel settore dell'energia e la corsa all'industrializzazione hanno contribuito nei decenni in modo massiccio all'inquinamento del Paese.
A chiudere la frase pronunciata dal presidente Xi Jinping durante il vertice Apec di novembre scorso, quando la Cina e gli Stati Uniti hanno siglato, sotto un cielo ripulito dallo smog, lo storico accordo sul clima per la riduzione delle emissioni. “Spero e credo che con impegno si possa continuare ad avere il cielo blu APEC”. Risparmiato dalla macchina della censura cinese e pubblicato a pochi giorni dall'apertura dell'Assemblea Nazionale del Popolo – una sorta di Parlamento cinese – il documentario ha incassato l'apprezzamento del neo-ministro dell'Ambiente, Chen Jining: "Ammirevole il lavoro di Chai Jing nel risvegliare le coscienze dell'opinione pubblica".
Prima di lei è stato Jia Zhangke, uno dei più celebrati registi cinesi, a firmare un cortometraggio sullo smog nelle grandi città del Paese: "Smog Journeys" che racconta i problemi della vita quotidiana delle famiglie nelle metropoli dove l'aria è per molti giorni irrespirabile. Nonostante le misure messe appunto dal governo per contrastare l'inquinamento, secondo i dati rilasciati dalle organizzazioni internazionali hanno dimostrato che il 90% delle 190 grandi città della Cina hanno superato nel 2014 i limiti di polveri sottili nell'atmosfera fissati dal governo cinese.
02 marzo 2015
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