La misura è in vigore nelle principali metropoli dell'Impero di Mezzo da diversi mesi: a Pechino già dal maggio scorso le famiglie non possono acquistare più di un appartamento; la linea tracciata dalla capitale è stata successivamente seguita anche da Shanghai, Tianjin, Shenzhen, Nanchino, Hangzhou e Ningbo – nella ricca provincia industriale dello Zhejiang-, e da Fuzhou e Xiamen, nella provincia del Fujian. Il governo di Pechino segue le orme della speculazione edilizia, che secondo gli analisti del settore si sta concentrando su aree che fino ad alcuni mesi fa erano state toccate solo marginalmente: "I maggiori investimenti si stanno spostando dalle province costiere a quelle centrali e occidentali – ha scritto sul suo blog il presidente di Huayuan Real Estate Ren Zhiqiang – e dai centri più importanti alle città di seconda e terza fascia"; cambiamento di rotta confermato anche dalle statistiche elaborate da Shanghai Centaline Property Agency Ltd., che mostrano come alla fine del novembre 2010 i grandi gruppi immobiliari si fossero accaparrati ben 2.44 mila miliardi di metri quadri nei centri urbani di seconda e terza fila.
La classificazione delle città in diverse fasce, che l'amministrazione cinese applica da sempre, non deve tuttavia trarre in inganno: pur trattandosi di centri minori e meno conosciuti, le città di seconda e terza fascia sono pur sempre agglomerati urbani da milioni di abitanti, molto spesso con economie in pieno boom, tanto che gli analisti di Centaline prevedono che nella maggior parte di essi i prezzi delle abitazioni registreranno un aumento tra il 10% e il 20% rispetto ai livelli registrati nel 2010. Esattamente quello che il governo di Pechino vuole evitare: l'anno scorso i costi delle proprietà nelle 70 principali città cinesi hanno assistito a continui rincari mensili, che stanno suscitando preoccupazioni sul rischio dello scoppio di una bolla speculativa. A causare il boom del mattone concorrono diverse cause: l'enorme liquidità immessa sul mercato dalle banche cinesi nel 2009 – e in misura minore anche nel 2010-, la mancanza di alternative d'investimento per il risparmiatore medio, la peculiare situazione del diritto di proprietà in Cina, le manovre varate dal governo centrale per contrastare la crisi globale scoppiata nel 2008. Nel novembre di quell'anno, com'è noto, Pechino ha varato un pacchetto di stimoli economici da 4 mila miliardi di yuan (all'epoca, circa 400 miliardi di euro) di cui una quota rilevante è stata posta a carico delle amministrazioni locali. Province, municipalità, contee, etc., non possono per legge ottenere fondi oltre un certo limite fissato dal governo, ma posseggono un asset di grande valore: la terra, che in Cina è di proprietà esclusiva dello Stato. Nel 2009 sono sorte migliaia e migliaia di Local Investment Companies, veicoli finanziari controllati dalle amministrazioni locali che hanno utilizzato la terra come garanzia per ottenere nuovi prestiti dalle banche – in quello stesso anno si è raggiunta la cifra record di 9590 miliardi di yuan, circa mille miliardi di euro- e finanziare così nuovi progetti immobiliari.
Quanto è profonda la bolla speculativa del real estate nell'Impero di Mezzo? E quali sono i rischi di uno scoppio? I dati ufficiali sono riservati, ma i pochi disponibili dipingono appieno le sfide che deve affrontare il governo di Pechino: secondo un'indagine pubblicata qualche mese fa dalla China Banking Regulatory Commission, dei circa 7mila miliardi di yuan concessi in prestito dalle banche alle LIC solo il 27% starebbe garantendo agl'istituti di credito un ritorno adeguato, mentre il 50% avrebbe esiti "incerti" e il 23% sarebbe invece costituito da crediti inesigibili. Nei mesi scorsi alle principali banche del paese è stato ordinato di effettuare stress test per valutare gli effetti che avrebbe sul sistema creditizio un crollo dei prezzi delle case fino al 60% dei livelli attuali. Per scongiurare la corsa al credito facile, inoltre, l'anno scorso People's Bank of China ha imposto due aumenti dei tassi d'interesse e ben sei incrementi dei requisiti di riserva obbligatoria, la quota di capitale che le banche debbono mantenere a disposizione della Banca centrale. I prezzi delle case, pur a un ritmo minore, continuano a salire. Adesso, le misure per frenare la corsa vanno applicate anche alle città di minore importanza.
di Antonio Talia
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