Shanghai, 23 dic . - "Non ne posso più, la mia è una battaglia persa!", il dottor Zhang è talmente arrabbiato che punta i piedi come farebbe uno dei suoi piccoli pazienti.
La sua voce tuona per i corridoi deserti di una delle tante cliniche pediatriche di lusso destinate alla sempre più numerosa comunità di espatriati di stanza a Shanghai e alla fiorente classe media cittadina. Pavimenti di marmo, personale che fa flanella in ogni angolo, una sala giochi da fare invidia a un asilo, persino un acquario grande quanto una parete per imbabolare i pazienti più indomiti, insomma uno di quei posti in cui le cose sembrerebbero funzionare alla perfezione.
"Ovvio che non è facile fare una radiografia a una bambina di 15 mesi !" continua esasperato "ma esistono i modi e io gliel'ho spiegati mille volte".
Sono reduce da un siparietto curioso. Con l'assistenza di un giovane radiologo e di una volenterosa infermiera, ho trascorso una buona mezz'ora nel tentativo di radiografare il braccio che la piccola Lucia muove con difficoltà da qualche giorno. Lo sforzo è stato vano e se inizialmente ero abbastanza tranquilla e addebitavo la cosa a una delle frequenti collutazioni con il suo animoso fratellino per "proprio quel pezzo di lego", la visita dal pediatra ha cambiato le cose. La dottoressa cinese di turno nella clinica che la mia assicurazione medica mi permette di frequentare senza mandarmi in rovina, non ha saputo darmi una diagnosi definitiva ma ha instillato dubbi nella mia mente di mamma italiana e quindi tendenzialmente paranoica.
"Non sembra esserci nulla di rotto" ha detto " forse sarebbe il caso di fare una radiografia o forse no" ha sentenziato, massaggiandosi pensierosa il mento e chiosando con un "potrebbe trattarsi del cervello" che mi ha lasciato ammutolita.
Eccomi quindi al cospetto del Dottor Zhong per un ulteriore consulto.
Il mio racconto non fa che peggiorare il suo già pessimo umore.
"Ecco, vede è esattamente di questo che sto parlando" incalza il dottore "questo paese ha una buona classe di tecnici ma essere un medico è un'altra cosa!".
Non potrei non condividere quest'opinione. Non è la prima volta che l'indelicatezza e la mancanza di empatia di un medico cinese mi privano di qualche anno prezioso di vita. La spiegazione che mi sono sempre data è che i nostri codici culturali e - perché no - anche quelli emotivi, sono profondamente diversi e che questo non fa che generare fraintendimenti. Aggiungiamoci il fattore linguistico (io con il mio mandarino basico e i medici che in gran parte hanno un inglese elementare) e il pasticcio è fatto.
"Certo, è una questione culturale" - il dottor Zhang ha ascoltato la mia spiegazione in silenzio ma ora sembra incontenibile - "ma non si illuda: lo è solo in parte. Ci sono motivi storici e politici che spiegano questo atteggiamento. E non creda che se fosse stata una paziente cinese le cose sarebbero andate diversamente, la dottoressa che ha incontrato prima di me le avrebbe detto esattamente le stesse cose !"
"Ce ne è voluto di tempo per capire come stanno le cose e sono anche di origine cinese, pensi lei !Lo vuole proprio sapere come stanno le cose ?"
Annuisco, ormai non ho scampo. Lucia sembra serena e gioca con un pappagallo di pelouche, gentile dotazione della clinica super lussuosa.
"Mi dica Dottore, la ascolto".
"Prima della liberalizzazione economica, la figura del medico che praticava la medicina occidentale in Cina era importante. Esisteva lo scheletro di un sistema sanitario che riusciva ad assicurare un'assistenza medica di base al 90 per cento della popolazione. Esistevano medici con un rapporto umano con i loro pazienti, che li conoscevano per nome e per malattia. Con la liberalizzazione economica, la volontà fu quella di cancellare la figura del medico generico di famiglia, anche perché a livello politico spaventava il potere che poteva assumere. Si decise allora di sparcellizzare il lavoro del medico, in modo da impedire l'instaurarsi di un rapporto con i pazienti. Vennero creati dei "referral doctors", sorta di centralini medici senza particolari competenze ma con il solo compito di smistare i pazienti verso i vari specialisti. Peccato che il corpo umano benché una macchina sia tra le più intelligenti e sofisticate e non sia possibile compartimentalizzare la medicina in questo modo".
"E la nuova generazione di medici?"
"Oggi i giovani studiano medicina all'università, si laureano, si specializzano ed entrano in ospedale senza alcun training o esami particolari. Una volta in ospedale, le prospettive di carriera si cristallizzano per cui nessun è motivato a migliorare. Il risultato è una catena di montaggio di tecnici, probabilmente molto bravi nei loro ambiti di specializzazione ma incapaci di vedere le cose in prospettiva più ampia e quindi di comprendere e valutare un quadro clinico nella sua complessità".
"La pediatra che ha avuto la sfortuna di incontrare questa mattina ad esempio" rabbrividisco solo al pensiero.
"Si stupisce se le dico che ha una specializzazione in neurologia?" Scuoto la testa. "Avrebbe potuto trovare cause neurologiche anche in un banale raffreddore !"
"E quindi dottore come stanno le cose adesso e la riforma del sistema sanitario?" argomento.
"E' qui che la volevo".
Ormai il Dottor Zhang è un fiume in piena e non lo ferma più nessuno. Anche Lucia lo fissa, affascinata dal suo fervore.
"Ora ci si è accorti che non è sufficiente allargare l'assistenza sanitaria a più di 200 millioni di persone. Ci vuole anche un ripensamento della figura del medico in sé."
Dicendo questo, il Dottor Zhang prende la spinta con un piede e in men che non si dica proietta la sua poltrona a rotelle dalla parte opposta del suo studio, dove estrae tre libri.
"Li vede questi?" - sospira porgendomi i volumi in cinese - "Sono tre pubblicazioni che chiariscono i punti programmatici della riforma sanitaria. Qui si fa esplicito riferimento alla necessità di umanizzare la figura del medico". e mi indica il capoverso di una pagina.
Sembro dubbiosa e non riesco a nasconderlo.
"Certo la questione dell'umanità dei medici è certamente molto importante, ma non le pare che sia una piccolezza rispetto a una situazione dove milioni di persone non si posso permettere l'assistenza medica?"
Il Dottor Zhong scuote la testa.
"L'umanità va di pari passo con l'etica. Un medico maggiormente preparato e meno dipendente dagli incentivi esterni, recupererà una dimensione professionale che ormai ha perso e smetterà per esempio di prescrivere antibiotici al primo starnuto perché ci guadagna dalle case farmaceutiche"
"Questo è vero" commento " ma non riesco a capire se questa sia una richiesta che viene dai pazienti..."
"Se si cresce vedendo solo una parte della medaglia, non si riesce nemmeno a concepirle certe richieste, non crede ?" rimbrotta secco il Dottor Zhang.
Ormai è quasi sera, sono ormai parecchie ore che mi trovo nella clinica superlussuosa ed è ancora deserta.
Il dolore al braccio sembra essere solo un brutto ricordo per Lucia. Il Dottor Zhang le da un buffetto sulle guance e mi assicura che "a volte capita".
Si alza e ci accompagna all'ascensore, proprio come farebbe uno dei medici che sogna.
di Nicoletta Ferro
Nicoletta Ferro è Senior researcher presso la Fondazione Eni Enrico Mattei
La rubrica "Lettere dalla Cina" ospita gli interventi di giovani italiani che vivono e lavorano in Cina, offrendo spunti di vita quotidiana e riflessioni originali. Andrea Bernardi, Corrado Gotti Tedeschi, Elisa Ferrero e Gianluca Morgese.
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