Pechino, 16 dic. - Chiamatela Cindia, chiamatela "Asse Ai-Ai" -per sfruttare una battuta sulle due capitali finanziarie Shanghai e Mumbai che nelle ultime ore sembra trovare una consacrazione definitiva- ma al di là delle etichette i numeri non mentono: la delegazione cinese in India guidata da Wen Jiabao ha siglato circa 50 accordi economici per 16 miliardi di dollari, una somma nettamente superiore ai 10 miliardi di contratti strappati dalle aziende americane nel novembre scorso. Le circa 300 società al seguito del premier cinese hanno fatto impallidire anche le recenti visite dall'Europa, quando Nicolas Sarkozy e David Cameron hanno portato a Nuova Delhi rispettivamente una sessantina e una quarantina di imprese. Nel discorso tenuto ieri Wen Jiabao si è discostato dal solito understatement: "Il Ventunesimo Secolo è il Secolo Asiatico- ha detto il premier- ed è anche il secolo nel quale Cina e India possono ottenere grandi risultati. I leader di entrambi i paesi, che guidano un totale di due miliardi e mezzo di persone, devono mettere da parte le rivalità e usare il business per dare nuovo lustro a due antiche civiltà".
Quest'anno gli scambi bilaterali tra i due colossi asiatici raggiungeranno i 60 miliardi di dollari. I contratti siglati ieri abbracciano vari settori, dall'energia alle telecomunicazioni, dal metallurgico all'eolico, fino all'alimentare; ma l'allargamento dei rapporti economici, come dichiarato esplicitamente da Wen, passa soprattutto attraverso gli accordi finanziari sulla rotta Shanghai- Mumbai: China Development Bank andrà a finanziare le indiane ICICI Bank, Essar e IDBI Bank, mentre altri istituti di credito come Bank of China e Industrial and Commercial Bank of China stanno cercando di espandere il loro business in India, dato che al volume d'affari delle banche indiane in Cina corrisponde una presenza quasi nulla delle banche cinesi sul mercato indiano. Reliance Communications, una delle principali compagnie telefoniche indiane, recentemente gravata dai debiti, otterrà finanziamenti a basso costo da alcune banche del Dragone, China Development Bank in testa. Il ruolo di CDI, a volte percepita come la "longa manus" usata da Pechino per finanziare progetti dal ritorno politico più che meramente economico, ha suscitato qualche perplessità: la stampa indiana e quella internazionale hanno ricordato, ad esempio, i recenti casi in cui la banca di sviluppo ha esteso linee di credito da miliardi di dollari a Venezuela ed Angola per assicurarsi un accesso alle loro forniture petrolifere.
Perché, al di là dei cerimoniali ufficiali, una robusta diffidenza permane da entrambe le parti: Wen Jiabao ha espresso il desiderio che l'incontro di oggi col premier indiano Manmohan Singh possa gettare le basi per un accordo di libero scambio, ma l'India teme anche un'alluvione di beni cinesi a basso costo, capace di bloccare la crescita dell'industria manifatturiera nazionale. Nuova Delhi chiede vigorosamente a Pechino di ridurre lo squilibrio nella bilancia commerciale tra i due paesi attraverso un maggiore accesso ai mercati cinesi per le sue imprese di information technology e per i prodotti agricoli e metallurgici; negli ambienti imprenditoriali indiani si lamenta spesso come tutti i minerali grezzi venduti alla Cina attraversino poi nuovamente il confine sotto forma di prodotti finiti. E proprio i confini tra il Dragone cinese e la Tigre indiana sono oggetto di una complessa controversia che prosegue fin dalla breve guerra combattuta nel 1962 e che, attraverso linee poco chiare in regioni dai nomi misteriosi come Arunachal Pradesh e Aksai Chin, non ha ancora raggiunto una soluzione definitiva. Dopo il viaggio a Nuova Delhi, inoltre, Wen Jiabao visiterà il tradizionale nemico dell'India, il Pakistan, dove è anche previsto un suo discorso in Parlamento.
L'alleanza tra Pechino e Islamabad suscita da sempre la riprovazione degli ambienti indiani più nazionalisti, che accusano la Cina di aiutare il Pakistan per contenere l'ascesa dell'India. Polemiche riaccese da un recente incidente diplomatico: nell'agosto di quest'anno si è diffusa la notizia della presenza di circa 10mila soldati dell'Esercito di Liberazione Popolare cinese in Kashmir, regione contesa tra Nuova Delhi e Islamabad, impegnati ad aiutare i pakistani nella costruzione di una linea ferroviaria e a scavare numerosi tunnel destinati probabilmente a un oleodotto Cina- Iran. Nonostante le smentite di Pechino, la tesi secondo la quale la Cina punterebbe al controllo della regione tramite la costruzione di infrastrutture che le garantiscano l'accesso al Golfo Persico attraverso il territorio dell'alleato pakistano gode di molto credito presso una certa opinione pubblica indiana. "La rivalità tra India e Cina rappresenta una generalizzazione, una semplificazione di un rapporto molto complesso" ha dichiarato il segretario degli Esteri indiano Nirupama Rao; "C'è abbastanza spazio nel mondo perché Cina e India possano svilupparsi insieme", ha detto il viceministro degli Esteri cinese Hu Zhengyue. Dai limiti alle emissioni dei gas serra ai tentativi per ridimensionare il ruolo del dollaro, ultimamente Pechino e Nuova Delhi si sono spesso ritrovate a fare fronte comune. Gli accordi Shanghai-Mumbai, in futuro, potrebbero porre le basi per un asse finanziario al di là dei canali occidentali.
di Antonio Talia
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