Roma, 20 mag.- Sarà il governo centrale, e non le singole amministrazioni locali, a dire l'ultima parola sulle tasse sulla proprietà. Lo ha reso noto l'Amministrazione statale delle imposte di Pechino, in risposta alle voci di progetti fiscali pilota ideati nelle ultime settimane dalle città di Shanghai e Chongqing allo scopo di tenere a freno il mercato immobiliare. "I governi locali non hanno alcun diritto di interpretare la politica delle tasse sulla proprietà" spiega Niu Xinwen, portavoce dell'Amministrazione statale delle imposte. Il Regolamento provvisorio relativo alle tasse sulla proprietà del 1986 non contiene disposizioni relative alla tassazione dei possessori di immobili privati, non adibiti ad attività. Ed è su questa base che ad aprile il governo di Chongqing ha annunciato il progetto di arginare il rischio di una bolla speculativa tramite la imposizione fiscale alle fasce più alte. Ad esempio, un cittadino di Chongqing proprietario di una villa valutata 300mila euro si ritroverebbe a pagare 10mila yuan (oltre 1100 euro) di tasse annuali. La notizia è apparsa sul sito web del governo della città pochi giorni dopo l'annuncio del Consiglio di Stato di voler attuare una serie di misure volte a raffreddare le alte temperature del mercato immobiliare, proponendo come possibile soluzione la tassazione degli immobili privati. Le nuove tasse sul real-estate porterebbero un incremento dei costi globali del settore, ma permetterebbero di tenere a freno le speculazioni. In aggiunta, la riforma garantirebbe maggiori entrate ai singoli governi che sarebbero così meno dipendenti dai profitti relativi alle aste di terreni lottizzati .Sin dall'ottobre del 1986, le città e le provincie cinesi possono contare su un profitto annuale che deriva dalle tasse sul real estate, ma i ricavi sono decisamente bassi: nel 2009 i governi locali hanno chiuso cassa con un totale di proventi ricavati dalle tasse sulle proprietà e sui terreni pari rispettivamente a 80 e 92 miliardi di yuan, il 5,3% del totale delle entrate fiscali. E se da una lato Chongqing si dimostra decisa a imporre le imposte ai cittadini più ricchi, dall'altro non sono ancora chiare le modalità di tassazione. Per il momento sono due le alternative in attesa di approvazione: tassare le abitazioni private con una superficie totale di 200mq con un valore totale pari a tre volte il prezzo medio relativo all'anno precedente; oppure tassare quelle abitazioni con un valore tre volte superiore a quello della media del mercato urbano dell'anno precedente. Alcuni esperti suggeriscono anche una terza via che vedrebbe tassati i possessori di tre o più case. Una proposta subito bocciata da Man Yanyun, direttore del Centro per lo sviluppo urbano e per le politiche agricole dell'università di Pechino-Lincoln Institute : "Una soluzione del genere esenterebbe, ad esempio, chi possiede una sola casa, ma del valore di 50 milioni di yuan", ha detto Man.
E sulla scia del progetto pilota di Chongqing, il governo di Shanghai ha già annunciato una serie di "pesanti misure" nel settore immobiliare. "Ma in base ai regolamenti del 1986 l'interpretazione spetta al ministero delle Finanze- ha dichiarato il ricercatore dell'Accademia Cinese di Scienze Sociali Zhang Bin- mentre le amministrazioni locali sono responsabili dell'applicazione. Shanghai può fare una proposta sulle imposte sulla proprietà, ma la decisione finale spetta al governo centrale".
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