Di Eugenio Buzzetti
Pechino, 13 mag. - Debito e crescita piatta. La Cina è alle prese con i problemi del rallentamento e le ultime previsioni comparse sul Quotidiano del Popolo parlano di "difficoltà intrinseche" nel sistema cinese. Lo scenario tratteggiato da una "fonte autorevole" che ha parlato con il più ufficiale dei media di Pechino è tutt'altro che incoraggiante e sembra proseguire lungo percorsi già intrapresi con il ritorno dei "vecchi metodi" per sostenere la crescita. Dopo la pubblicazione, il primo ministro cinese Li Keqiang ha dichiarato in una nota che il governo non ha messo in atto "forti stimoli" all'economia, e che, al contrario, si è focalizzato sulle riforme strutturali per sostenere la crescita.
C'è da temere qualcosa in particolare da uno scenario che appare così confuso da lasciare perplessi anche gli stessi economisti cinesi? Sì, secondo Fraser Howie, economista e autore di "Red Capitalism - The fragile financial foundation of China's extraordinary rise". La Cina, spiega ad Agi, "sta prendendo la strada facile per la crescita. In sostanza, sta alimentando la crescita pompando sempre più denaro nell'economia, il che risolve il problema nel breve termine, cioè mantenere una crescita forte, ma nel lungo periodo i problemi aumentano". Howie esclude la possibilità di una crisi nel breve termine: lo scenario più probabile è un altro. "Il governo è nella posizione di controllare le fuoriuscite di capitali e tutto il debito è interno, due fattori che danno maggiore flessibilità per controllare i default. L'esito più probabile è un rallentamento in stile giapponese, più che in stile greco".
La crescita a "L", con previsioni di anni di crescita piatta, non sembra spaventare particolarmente Howie. "Quello che mi preoccupa è che le implicazioni globali di una bassa crescita in Cina non sono state messe pienamente nel conto". La Cina è sempre stata intesa come un Paese a crescita rapida, spiega ancora Howie, e il rallentamento della seconda economia del pianeta prevede ricadute in diversi settori, a cominciare dalla materie prime, ma non solo. "In molti hanno già costruito il loro business sulla forte crescita della Cina, ma ora lo scenario è cambiato".
Anche Michele Geraci tende a escludere uno scenario eccessivamente pessimistico, pur senza dimenticare le criticità del sistema cinese. "Il debito corre più velocemente del pil - spiega ad Agi l'economista e direttore del China Economic Research Program presso la Nottingham University Business School China - Prima il ritorno sugli investimenti era di uno a uno (per ogni dollaro speso il pil cresceva di un dollaro), oggi il rapporto non è più costante: adesso il debito corre tre volte più veloce del pil. Per ogni punto percentuale di crescita il debito cresce del 3%". Per Geraci, il rischio principale a cui va incontro l'economia cinese è però un altro. "I tassi bassi creano problemi che non sappiamo neppure quantificare -conclude l'economista - Il rischio principale dell'economia è che la banca centrale cinese tenga i tassi bassi, invece, di alzarli. Si sono incartati: per stimolare l'economia nel breve periodo occorre tenere i bassi un po' più bassi, però si paga nel lungo termine".
13 MAGGIO 2016
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