Dazi cinesi sull'auto Usa
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Dazi cinesi sull'auto Usa

Dazi cinesi sull'auto Usa

Pechino. Colpite le grosse cilindrate
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LOS ANGELES
È riesplosa la tensione tra Cina e Stati Uniti sul fronte commerciale, e questa volta è Pechino ad accusare l'America di comportamento anticompetitivo. Con l'accusa di dumping, ieri Beijing ha deciso infatti di imporre tariffe comprese tra il 2% e il 21,5% sulle auto con motori di capacità superiore ai 2,5 litri importate dagli Stati Uniti, una misura che colpirà in particolare l'americana General Motors e l'italo-americana Chrysler, ma anche la giapponese Honda e le tedesche Mercedes Benz e BMW, i cui Suv esportati in Cina sono prodotti rispettivamente in Ohio, Alabama e South Carolina. Esente la Ford, le cui auto dirette verso il mercato cinese non sono prodotte in Usa.
Pechino ritiene che i sussidi ricevuti dalle società automobilistiche in Usa consentono di vendere le macchine sottocosto e di conseguenza causino «notevoli danni» ai produttori cinesi: il margine di dumping per esempio sarebbe dell'8,9% per la GM e dell'8,8% per la Chrysler. A partire dal 15 dicembre, e per la durata di due anni, la Cina imporrà quindi dazi del 22% sulle auto e sui Suv Gm, del 15% sulle vetture Chrysler e del 2% su quelle di Daimler e Bmw.
Benché l'impatto economico immediato sulle societa' interessate sia limitato - i dazi colpiranno al massimo 50mila vetture in totale - la misura potrebbe avere gravi ripercussioni negative per le case automobilistiche americane e mondiali se il protezionismo cinese dovesse favorire lo sviluppo di un'industria locale capace di soddisfare la crescente domanda di auto di lusso sul mercato dell'auto più grande del mondo. Ecco perchè ieri la GM ha perso al New York Stock Exchange il 2,9%, la Ford il 2,4% e la Honda il 2,1%; a Francoforte la Daimler ha ceduto il 3,1% e la BMW il 4,1 per cento.
L'aggressiva mossa di Pechino, nei cui confronti gli Stati Uniti si sono dichiarati «profondamente delusi», tenta inoltre di cambiare inoltre le carte in tavola nell'annosa disputa commerciale tra le due superpotenze economiche mondiali. L'iniziativa cinese pare infatti un attacco preventivo in anticipazione di possibili dazi americani contro il dumping di moduli fotovoltaici esportati in America, una prassi che secondo Washington sta mettendo in ginocchio il nascente settore americano dell'energia solare, fiore all'occhiello della politica energetica del presidente Obama.
Tradizionalmente è stata l'America a puntare il dito contro la Cina per comportamento anticoncorrenziale, a partire dall'accusa di mantenere sottovalutata la valuta al dumping di pneumatici e di giocattoli. Ma ultimamente la Cina è passata al contrattacco imponendo dazi sulle importazioni di acciaio e di pollame dagli Stati Uniti, misure che sono attualmente all'esame della World Trade Organization. Il neoprotezionismo cinese potrebbe essere quindi una mossa strategica in anticipazione delle decisioni del Wto, ma potrebbe anche essere sintomo dell'indebolimento dell'economia cinese.
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15/12/2011
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