Davos, Cina lost in translation

Davos, 27 gen. - L'Occidente ha una visione distorta della Cina, che Pechino deve sistemare se vuole una migliore accoglienza quando si va a fare shopping all'estero, hanno affermato i leader politici ed economici al forum di Davos giovedì.
"Il problema nell'opinione pubblica non cinese è che c'è un funzionario cinese dietro ad ogni uomo d'affari cinese", ha detto il direttore generale dell' Organizzazione Mondiale del Commercio, Pascal Lamy. "La percezione è che la Cina si stia prendendo le risorse, che quello che sta cercando di fare è un nuovo colonialismo, che sia in cerca di tecnologia, che voglia rubare".
"Tutte queste visioni estremamente negative nel loro insieme si traducono in questo: è un paese che non rispetta le regole", ha aggiunto Lamy. Inoltre, la Cina invia al mondo le immagini dei suoi missili, dei suoi treni ad alta velocità nuovi di zecca e della sua ben oliata organizzazione dei giochi olimpici, dando l'impressione che stia velocemente diventando, se non lo è già, avanzata come qualsiasi altro paese sviluppato.
Di conseguenza, il Paese riceve un'accoglienza fredda quando cerca di investire una parte del suo enorme capitale nelle compagnie estere, e la popolazione locale fa fatica a credere che le perdite di posti di lavoro in casa non siano in qualche modo legate agli incursori cinesi.
Le iniziative cinesi per acquistare beni oltreoceano non sono state sempre ben accolte. L'azienda automobilistica statunitense General Motors ha bloccato la vendita di Saab a due società cinesi, con la conseguente scomparsa del marchio svedese.
Ma la realtà cinese è lontana dall'immagine diffusa, hanno affermato i relatori del forum di Davos. John Zhao, direttore esecutivo della società di private equity Hony Capital, ha sottolineato che vaste aree della Cina vivono ancora al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, Pechino "non è un investitore attivo con l'intento di depredare le risorse". "Stanno semplicemente dicendo, 'assicuriamoci che questi soldi faticosamente guadagnati non siano svalutati", ha detto Zhao.
Se le aziende cinesi stanno comprando i loro equivalenti stranieri, è per produrre beni che soddisfino la domanda interna, che potranno aiutare a riequilibrare l'attuale economia del Paese incentrata sull'esportazione. Zhao ha anche sottolineato che molte aziende cinesi hanno imparato le regole andando avanti, come "i molti che vengono all'estero per la prima volta per fare affari." "C'è una grande percentuale di compagnie cinesi che, nonostante facciano enormi sforzi, non producono gli stessi risultati, perché stanno ancora imparando le regole".
Robert Griefeld, direttore esecutivo del Nasdaq, ha osservato che, contrariamente a quanto è avvenuto negli Stati Uniti, dove l'introduzione della normativa Sarbanes-Oxley "è stata accolta dalla derisione generale della classe aziendale in Cina sembra ci sia una voglia insaziabile di imparare dei buoni standard di governo". Tuttavia, "quando negli Stati Uniti c'è un tasso di disoccupazione del 9% e la merce in arrivo è 'Made in China', c'è una reazione comune con cui ci si deve confrontare". "La Cina deve urgentemente migliorare la sua comunicazione con il resto del mondo, poiché le sue imprese all'estero cresceranno solo nei prossimi anni", ha affermato Lamy. "E' vero però che la circolazione di denaro cinese nel mondo aumenterà, che si tratti di denaro privato, pubblico o semi-pubblico e questo avverrà portando con sé delle turbolenze politiche". "Tuttavia siamo ancora in tempo per provare a gestirlo in modo che non degeneri".
Allo stesso tempo, la Cina non è l'unico Paese con un problema di comunicazione. "Nel resto del mondo, i leader politici devono smettere di cedere a questi stereotipi denigratori che sono nemici delle persone, e invece mostrare i benefici della cooperazione; questo è tanto più necessario nel momento che stiamo attraversando, di dura crisi economica".
di Hui Min Neo per Agence France Press
Traduzione a cura di Sara Aquilino
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