Davos, 28 gen.- A Davos la Cina si dice pronta a raddoppiare le sue importazioni nei prossimi cinque anni. Una mossa, quella comunicata dal ministro degli Esteri Chen Deming, che permetterà al Paese di "fare la propria parte nella ripresa globale". "Il nostro sviluppo ha bisogno di essere condiviso. Per questo motivo nei prossimi dieci anni la Cina si mostrerà ancora più aperta concentrandosi sulle compagnie cinesi che investono all'estero e sull'aumento dei consumi interni".
Segnali positivi, quindi, che manifestano l'intenzione del gigante asiatico di riequilibrare l'economia globale e di limitare la dipendenza della Cina dalle esportazioni. Più volte, infatti, paesi industrializzati come gli Stati Uniti avevano lamentato gli squilibri delle bilance internazionali: nel 2010 il deficit commerciale accumulato dagli Stati Uniti nei confronti della Cina ha raggiunto nuovamente il record di 195miliardi di euro già registrato del 2008, sebbene sia poi sceso nel mese di novembre. E calerà ancora "la Cina sta facendo progressi per diminuire il suo surplus commerciale, che nel 2011 scenderà" sostiene Li Daokui, consigliere della banca centrale cinese nella città svizzera. L'avanzo commerciale cinese nel 2010 si è attestato a 180 miliardi di dollari (questo articolo), dopo il picco di 300 miliardi di dollari del 2008 e, secondo Daokui, quest'anno scenderà a 150 miliardi di dollari. Al forum economico svizzero, Chen ha tenuto tuttavia a sottolineare che il surplus commerciale cinese costituisce in realtà una parte molto esigua della produzione del paese.
In merito invece alle preoccupazioni sulla crisi del debito dell'eurozona e l'impatto persistente della crisi finanziaria sull'economia americana, Chen assicura che gli ordini degli Usa e dell'Ue sono in crescita quest'anno, specialmente per quanto riguarda il settore privato (questo articolo)
Per il secondo giorno consecutivo, a Davos è di scena la Cina. Già ieri il Paese è stato al centro dei riflettori per via del suo ruolo di potenza emergente nello scenario economico internazionale. Un titolo che i partecipanti non sembrano più voler attribuire al gigante asiatico che nel 2010 ha superato il Giappone piazzandosi al secondo posto dopo gli Usa come potenza economica mondiale. Ma la Cina rientra a tutti gli effetto nel "BRIC", acronimo con cui si indicano le nuove economie emergenti formate da Brasile, Russia, India e naturalmente Cina. E sono proprio questi ultimi – è emerso in tutta chiarezza a Davos - ad aver trainato la ripresa economica e l'aumento dell'occupazione, mentre gli Usa ancora stentano a rialzarsi dalla crisi finanziaria e l'Europa cerca di tenere a bada la crisi del debito. "Quello che sta veramente succedendo - ha detto il presidente del colosso indiano del software Wipro, Azim Premji - è che i Paesi emergenti in dieci anni saranno come, o addirittura, più grandi degli Usa in termini economici". Con le potenze occidentali che rallentano e quelle in via di sviluppo che spingono il piede sull'acceleratore "gli equilibri del potere economico stanno cambiando" ha aggiunto Azim. Un'opinione condivisa anche dall'ex vice governatore della Banca centrale cinese e ora economista del FMI, Zhu Min: "In questi Paesi, soprattutto in Cina, la crescita è davvero forte. Alla fine del 2011 il PIL cinese si aggirerà attorno al 9% mentre quello indiano si attesterà all'8%".
E mentre l'Oriente cresce, il mondo del lavoro si sposta ad est. "Ciò che manca in Occidente è il 'senso di urgenza' riguardo la disoccupazione. Un problema che diventa ancora più grave se si pensa ai giovani le cui abilità sono sempre più spesso lontane da ciò che viene richiesto da un mercato del lavoro in continua trasformazione" ha osservato Arianna Huffington, co-fondatrice e editore del sito web The Huffington Post news. Una tesi su cui hanno concordato la maggior parte dei CEO presenti al forum, convinti ormai che il mercato del lavoro si sia attualmente spostato a Oriente. "In termini di crescita quantitativa, non penso che l'Occidente possa fare qualcosa" ha aggiunto Lars Olofsson, direttore generale di Carrefour. La posizione dei CEO trova conferma in un sondaggio condotto da PricewaterhouseCooper e reso noto alla vigilia del forum, secondo cui il 92% dei 1200 direttori generali di istituzioni finanziarie intervistati non solo ritiene che la ripresa sarà guidata dai nuovi attori, ma prevede un incremento delle attività delle proprie aziende in Asia.
di Sonia Montrella
Ha collaborato Anna Rita de Gaetano
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