DA VINCI: 1 MLN DI YUAN A GIORNALISTA CCTV

DA VINCI: 1 MLN DI YUAN A GIORNALISTA CCTV

Pechino, 3 gen.- La saga della Da Vinci si arricchisce di un nuovo capitolo.  Il retailer degli arredamenti di lusso accusato lo scorso luglio dalla tv di stato cinese di aver venduto falsi mobili "made in Italy", ha dichiarato di essere stato vittima di un complotto – e di un ricatto - architettato da un giornalista della CCTV.  In particolare, secondo quanto riferito dalla rivista Caixin Century, la Da Vinci ha dichiarato di aver  trasferito in una banca di Hong Kong  un milione di yuan (circa 100mila euro) destinati a Li Wenxue, reporter della CCTV. Una mazzetta che – sostengono fonti interne alla compagnia – sarebbe servita a  rimediare alla cattiva pubblicità procurata da un video volutamente montato in modo parziale.

 

Ed era stato sempre Li a luglio l'artefice dei due programmi che avevano fatto finire la società nell'occhio del ciclone: secondo la ricostruzione di CCTV, mobili di lusso come i divani della Cappelletti di Cantù – prodotti che i cinesi amanti del lusso acquistavano a più di 30 mila euro - sarebbero stati in realtà prodotti dalla Changfeng, un'azienda del Guangdong, nel sud della Cina.  Per la trasformazione da "Made in Guangdong" a "Made in Italy" bastava inviare i pezzi d'arredamento in Italia, effettuare un veloce passaggio in dogana, e rispedirli a Shanghai, da dove venivano venduti a un prezzo dieci volte superiore al valore effettivo. "Abbiamo collaborato con Changfeng nel 2002 e nel 2005, dopo la collaborazione si è interrotta per oltre due anni- aveva raccontato il CEO di Da Vinci Doris Phua ai reporter nel corso di una conferenza stampa -,in queste occasioni abbiamo acquistato da Changfeng prodotti destinati non a Da Vinci, ma a un brand diverso. Un ulteriore contatto c'è stato solo lo scorso anno, quando ho presentato Changfeng ai vertici di Hollywood Homes, una società statunitense che si rivolge a un target medio e che voleva delocalizzare la sua produzione. Ritengo che Hollywood Homes abbia effettivamente piazzato delle ordinazioni presso Chanfeng, ma escludo categoricamente che lo abbia fatto qualsiasi firma italiana che rappresentiamo come Da Vinci". A difendere Doris Phua anche decina di produttori volati direttamente dall'Italia per manifestare il loro sostegno a Da Vinci. E sull'innocenza del colosso del lusso cinese hanno concordato anche le autorità doganali di Shanghai e del Guangdong dalle cui indagini è emerso però che la qualità di alcuni prodotti è al di sotto degli standard previsti. Una 'leggerezza' che il retailer dovrà pagare una multa di 1,33 milioni di yuan comminata il mese scorso.


A un mese di distanza da quello che sembrava ormai un caso chiuso, l'azienda cinese di mobili di lusso  riaccende su di sé i riflettori ed è pronta a scommettere che dietro la macchina del fango si nasconda proprio Li Wenxue. Lo proverebbe un video ottenuto da Caixin Century che mostra un'intervista realizzata prima del report-denuncia di luglio dal giornalista della CCTV Zhu Feng volato fino al quartier generale italiano della Cappelletti per ascoltare un dirigente della società, il quale assicura che i mobili venduti da Da Vinci sono italiani al 100%. Spezzone, questo, che non apparirà mai nel filmato andato in onda a luglio. Un'omissione che sorprende  lo stesso Zhu che il video di Caixin, mostra al telefono con Li, in Cina, mentre chiede spiegazioni sulla scelta editoriale intrapresa visto il taglio apportato alla sua intervista.
Immediata la reazione di Li Wenxue che in un comunicato stampa accusa la Da Vinci di volerlo incastrare attraverso luna campagna di diffamazione e annuncia di voler intraprendere vie legali.


di Sonia Montrella



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