DA PAESE IN VIA DI SVILUPPO ALLA SOCIETA' DEL BENESSERE

DA PAESE IN VIA DI SVILUPPO  ALLA SOCIETA' DEL BENESSERE

Shanghai, 23 gen. - In seguito alla crisi finanziaria del 2008, le differenti economie nazionali hanno vissuto due diverse ed opposte situazioni: da un lato (soprattutto in USA e Europa), si è assistito giorno per giorno ad una generale contrazione del livello di crescita e di sviluppo economico, dall'altro (soprattutto in Cina, Far East e negli paesi del BRICS) si è verificato, seppur fra qualche difficoltà e rallentamento, il continuo successo dello sviluppo di quest'ultimi paesi.

 

Pertanto, l'economia globale è divenuta sempre più un luogo dove, seppur in presenza di un crescente network di interconnessioni, i risultati di tali dinamiche sono differenti a seconda di dove vengono a dispiegare i loro effetti. In altri termini, anche se viviamo in un mondo unico e connesso in tempo reale, sussistono situazioni diverse a seconda dei paesi considerati. Tale punto non è un ovvietà, bensì il risultato dell'inefficienza o meglio della distorsione dei mercati.
Se si considera ad esempio la situazione attuale in Cina, soprattutto dopo che sono stati resi pubblici i dati sull'ultima variazione del PIL nell'ultimo trimestre del 2011 (in crescita più dell'atteso seppur in calo rispetto al trimestre precedente), e la si paragona alla situazione attuale dei paesi occidentali, che nel suo complesso è prossima alla stagnazione - se non in alcuni casi anche alle recessione -, si può facilmente concludere che i problemi da risolvere, così come le eventuali opportunità da cogliere, sono del tutto dissimili.

 

Per la Cina infatti, dopo 20 anni di ininterrotto sviluppo, si presentano nuove opportunità. Così, al momento, possono  essere catalogate, anche se ben presto potrebbero divenire improcrastinabili necessità. L'attuale modello dello sviluppo cinese è basato essenzialmente sulla crescita continua dell'output industriale, sugli investimenti in infrastrutture, sull'esportazioni e, recentemente, anche sull'espansione della domanda interna di consumi. Quasi sempre o almeno fino ai tempi più recenti, il suo sviluppo è stato caratterizzato da produzioni "energy and labour intensive" e di certo non del tutto rispettosi dell'equilibrio e della salvaguardia dell'ambiente. Per contro, è altrettanto noto come soprattutto nel corso dell'ultimo anno, il governo centrale abbia promosso politiche industriali nuove rispetto al passato, cercando di avviare un cambiamento nell'impatto della dinamiche delle diverse tipologie dei settori industriali sulla crescita del PIL nazionale.

 

Un segno tangibile di tali scelte è la lista aggiornata (fine dicembre 2011) degli investimenti stranieri più incentivati a realizzarsi sul territorio nazionale, dove sono stati preferiti gli investimenti nei settori ad alta tecnologia e nelle "green industries" a discapito dei settori tradizionali "labour intensive". Ancora, è stata prediletta una differente dislocazione geografica delle aree con maggiori incentivi disponibili, che perfettamente si combina con la politica del "go west" e dello sviluppo delle province occidentali lontane dalla costa. Tuttavia, seppur si assiste a questi importanti cambiamenti, si può contestualmente affermare che l'approccio al tema dello sviluppo economico è lo stesso del passato: divenire o essere primi al mondo nei vari settori considerati, continuando a concentrare ogni sforzo sullo sviluppo continuo e sulla velocità e sui tassi di crescita (il nostro ancestrale e al contempo moderno totem!).

 

Ad ogni modo, è possibile pensare a un altro modello di sviluppo. La Cina è attualmente uno dei pochi paesi al mondo che può utilizzare la sua grande capacità di riserve finanziarie accumulate nell'ultimo ventennio, per realizzare un nuovo modello, addirittura promuovere una nuova era di benessere diffuso all'interno dei suoi confini: trasferire i suoi sforzi da uno sviluppo meramente quantitativo a un altro (non meno importante) da definirsi come "qualitativo". Per la sua dimensione geografica, per il suo numero di abitanti, la Cina non può continuare a crescere seguendo ed applicando un modello di sviluppo simile ai paesi occidentali, così come peraltro quest'ultimi hanno realizzato a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Per meglio intendere il tutto, solo un esempio (che non è l'unico ovviamente): se in Cina, il tasso di densità di autoveicoli per numero di abitanti divenisse in assoluto uguale o simile a quello oggi esistente in Europa, ciò comporterebbe avere più di un miliardo di automezzi in circolazione. Questo è semplicemente impossibile e insostenibile, anche se si dovesse immaginare una estensione dell'attuale network stradale, sia urbano che extra urbano.

 

Pertanto la Cina, a questo punto della storia del suo sviluppo, è obbligata a studiare un differente modello di mobilità che possa essere compatibile con i suoi volumi e le sue distanze. Altri esempi simili, in altri ambiti, possono essere facilmente enumerati. Non occorre comunque farlo per affermare che la Cina ha la possibilità e la necessità (e per alcuni versi ne discende anche una sua ineluttabile responsabilità globale) di scoprire un nuovo modello di progresso (da notare, non crescita bensì progresso), con il fine ultimo di offrire un adeguato livello di benessere alla sua popolazione. E che quel livello possa essere compatibile con la necessaria difesa dell'ambiente (peraltro in alcuni casi già pesantemente deturpato) e il giusto livello di utilizzo delle risorse, con una efficienza marginale di utilizzo sempre maggiore per quantità di output realizzata. Infine questo nuovo corso può garantire alla Cina una posizione di leader (così come avvenuto in passato, seguendo il vecchio modello di sviluppo), ma con un vantaggio di tipo "schumpeteriano", nel senso di essere fra i primi a perseguirlo. Per divenire il leader del futuro. Perché questa è in realtà per la Cina "la sfida" del nuovo prossimo anno del Dragone.


di Valentino Blasone

 

Comitato Scientifico di Osservatorio Asia