Pechino, 17 feb.- Nuova tappa nel processo di internazionalizzazione della moneta cinese: la SAFE - l'authority Forex di Pechino - ha reso noto che dal primo aprile aprirà il mercato onshore di option denominate in yuanopzioni del tipo "put", che consentono di vendere il titolo, mentre quelle di tipo call - che conferiscono il diritto di acquisto - restano tuttora precluse. Le opzioni disponibili sul mercato cinese saranno all'europea; potranno quindi essere esercitate esclusivamente alla data di scadenza e non nel lasso di tempo che intercorre tra la sottoscrizione e la maturazione del titolo, come avviene nelle options all'americana.
Qual è il disegno politico e finanziario dietro l'apertura a questo tipo di derivati?
"Si tratta di un piccolo passo verso la graduale modernizzazione e internazionalizzazione dello yuan - ha scritto in una nota l'economista di Bank of America Merrill Lynch Lu Ting - ed è una manovra necessaria per l'introduzione di una maggiore flessibilità, affinché lo yuan possa davvero variare in sintonia con un paniere di altre valute". Nel 2005 Pechino aveva allentato i controlli sul tasso di cambio dello yuan sganciandolo dal dollaro, un processo interrotto nel 2008 allo scoppio della crisi globale, quando la moneta cinese venne di fatto ancorata di nuovo a quella statunitense. Da allora, Washington ha continuato a chiedere insistentemente una rivalutazione dello yuan, accusando la Cina di mantenerlo artificialmente sottostimato al fine di garantirsi un vantaggio sleale negli scambi con l'estero. Polemiche che non si sono placate neanche quando Pechino ha sganciato di nuovo lo yuan dal biglietto verde, nel giugno dell'anno scorso, consentendo un lieve apprezzamento che finora ha sollevato il valore della moneta cinese di circa il 3.6% su quella americana: per larghi settori del Congresso USA, la sottovalutazione dello yuan-renminbi continua a essere la principale ragione dell'enorme deficit commerciale accumulato dall'America nei confronti della Cina.
All'inizio del mese il tradizionale rapporto del Tesoro americano ha evitato di accusare ufficialmente la Cina di manipolazione di moneta, accusa che avrebbe potuto innescare pericolose ritorsioni commerciali: "Lo yuan si è in effetti apprezzato maggiormente di quanto non sembri - ha dichiarato il segretario del Tesoro Timothy Geithner - dato che l'inflazione in Cina continua a crescere ad un ritmo molto più veloce che in America" (questo articolo). Inflazione e tasso di cambio sono al centro di un serrato dibattito negli ambienti economici cinesi: Li Daoukui, uno dei più autorevoli adviser della Banca centrale sostiene che uno yuan più pesante non aiuterà Pechino a contenere l'inflazione, che nel mese di gennaio è aumentata del 4.9% (questo articolo): "Tra i fattori internazionali che spingono l'inflazione cinese, uno dei principali è il prezzo di materie prime come alluminio, rame e minerale di ferro - ha scritto Li - e se lo yuan aumenta troppo velocemente, le società minerarie australiane, cilene e brasiliane non faranno altro che i loro prezzi in dollari a un ritmo più veloce".
Opinioni diverse quelle dell'editoriale comparso a stretto giro di posta sull'autorevole quotidiano economico China Securities Journal: "Il tasso di cambio dello yuan si è dimostrato lo strumento migliore per abbassare l'indice dei prezzi al consumo". Da tempo, Pechino spinge gradualmente per garantire un più ampio ruolo internazionale dello yuan attraverso operazioni come swap di valuta con altri paesi, e si ritiene che proprio il ruolo globale dello yuan sarà uno degli argomenti centrali dell'incontro G20 presieduto da Nicolas Sarkozy domani e dopodomani. Ma se la Cina teme che uno yuan troppo pesante rischi di penalizzare le sue esportazioni, da aprile, con l'arrivo delle nuove option, le società cinesi avranno un nuovo strumento per difendersi da questo pericolo.
di Antonio Talia
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