Crolla a gennaio l'import cinese
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Crolla a gennaio l'import cinese

Crolla a gennaio l'import cinese

Pechino. L'export resta quasi invariato
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
Il commercio estero cinese frena bruscamente.
A gennaio gli scambi del Dragone con il resto del mondo hanno raggiunto il livello più basso dai tempi della grande crisi economico-finanziaria globale del 2009. Le importazioni sono scese di oltre il 15% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, mentre le esportazioni sono rimaste pressoché invariate.
I flussi di merci in entrata e in uscita dal Paese a gennaio hanno generato un avanzo commerciale mensile inaspettatamente elevato: 27 miliardi di dollari, vale a dire il valore più consistente degli ultimi 6 mesi. Un surplus di tali dimensioni (giusto per avere un termine di paragone, supera di quasi 11 miliardi quello di dicembre ed eclissa i 6,5 miliardi registrati nel gennaio 2011) interrompe il trend ribassista iniziato lo scorso autunno. Un trend che aveva consentito alla Cina di rasserenare le relazioni diplomatiche con i suoi grandi partner commerciali e di allentare le pressioni per la rivalutazione dello yuan.
Ma la cosa non dovrebbe preoccupare Pechino più di tanto. I dati sul commercio estero di gennaio, infatti, al pari di quelli sull'inflazione annunciati giovedì, rischiano di risultare notevolmente distorti dal Capodanno lunare che ha rallentato, se non addirittura bloccato, l'attività economica del Paese nella seconda parte del mese.
L'effetto distorsivo indotto dalla stagionalità (nel 2011 il Capodanno cinese cadde a febbraio) è particolarmente evidente sulle importazioni. Nell'imminenza della lunga festività invernale, gran parte dell'industria manifatturiera non ha fatto in tempo a ricostituire le scorte di prodotti e semilavorati acquistati dall'estero. Questo improvviso e generalizzato taglio degli inventari ha avuto ovviamente una forte ripercussione sui volumi dell'import. «I flussi del commercio estero cinese di gennaio sono un fenomeno a parte e non rispecchiano assolutamente il trend sottostante» avverte Li Wei, economista di Standard Chartered.
Tuttavia, secondo altri osservatori, la brusca caduta degli acquisti dall'estero di gennaio dovrebbe far suonare un campanello d'allarme a Pechino. «Una riduzione di tale portata delle importazioni non può essere spiegata solamente dal Calendario lunare - osserva Ren Xianfeng, economista di Ihs Global - ma probabilmente segnala che l'attività economica del Paese sta rallentando più di quanto non segnalino gli indicatori macroeconomici».
Indicatori che sicuramente non aiuteranno la People's Bank of China a decidere come agire nell'immediato futuro. Da un lato, la forte contrazione del commercio estero di gennaio suggerirebbe alla Banca centrale di espandere la politica monetaria per sostenere la crescita domestica. Il che, in sostanza, dovrebbe tradursi in una serie di riduzioni della riserva obbligatoria per le banche (la prima di 50 punti base è già stata varata a fine novembre).
Dall'altro, l'inaspettato aumento dell'inflazione (4,5% a gennaio, contro il 4,1% di dicembre) potrebbe spingere la Pboc a restare alla finestra in attesa di segnali più chiari e convincenti sulle prospettive della congiuntura.
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11/02/2012
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