CRISI NON FERMI NEGOZIATI SU CAMBIAMENTI CLIMATICI
ADV
ADV
CRISI NON FERMI NEGOZIATI SU CAMBIAMENTI CLIMATICI

CRISI NON FERMI NEGOZIATI
SU CAMBIAMENTI CLIMATICI

Ambiente
CRISI NON FERMI NEGOZIATI SU CAMBIAMENTI CLIMATICI
di lettura
Pechino, 22 nov.- La Cina teme che la crisi finanziaria possa ridurre i finanziamenti destinati alle nazioni in via di sviluppo per ridurre le emissioni dannose: a meno di una settimana dalla prossima conferenza ONU sui cambiamenti climatici - che inizierà a Durban, Sudafrica, il 28 novembre - il principale delegato del governo di Pechino lancia l'allarme.
ADV
ADV
"Alcune nazioni potrebbero non essere in grado di rispettare gli impegni e versare quanto avevano promesso - ha detto il vicepresidente della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme di Pechino Xie Zhenhua, che guiderà la delegazione cinese - ma la Cina spera che ci saranno progressi nel decidere come verranno allocati e gestiti i finanziamenti del Green Climate Fund".
Il Green Climate Fund è il fondo da 100 miliardi di dollari col quale le economie mature si impegnano a sostenere quelle emergenti nella riduzione dei gas serra. "Bisogna allocare nuove risorse verso le nazioni in via di sviluppo, per aiutarle nella lotta contro il surriscaldamento globale - ha detto ancora Xie - che non è improvvisamente diventato meno importante solamente a causa della crisi finanziaria globale. È solo sceso più in basso nell'agenda dei temi politici".
"Alcuni ritengono che a causa delle difficoltà economiche dei Paesi occidentali, questo non sia il periodo migliore per discutere i finanziamenti - ha proseguito il funzionario cinese - ma anche se la Cina comprende questo punto di vista, siamo convinti che a Durban sia necessario fare dei progressi nello stabilire i meccanismi di finanziamento del Fondo. Le difficoltà economiche globali sono temporanee, e Durban si vaglieranno diverse opzioni per sostenere il Green Climate Fund, ma il finanziamento pubblico da parte dei Paesi sviluppati rimane quella principale ".
Xie, di fatto, conferma la tradizionale posizione della Cina, secondo la quale le economie mature sono le principali responsabili del surriscaldamento globale, e come tali devono assumere un ruolo guida nella lotta agli sconvolgimenti climatici. Le nazioni in via di sviluppo, a detta del Dragone, non possono accettare limiti alle emissioni dannose, che limiterebbero la loro corsa nel sottrarre milioni di persone alla fame e alla miseria.
Pechino, che è prima nella classifica mondiale delle emissioni di gas inquinanti, ha comunque fissato volontariamente l'obiettivo di ridurre l'energia consumata per unità di PIL prodotto (un'unità di misura detta "intensità energetica") tra il 40% e il 45% entro il 2020, rispetto ai livelli di consumo del 2005.
Ma a Durban si riproporrà nuovamente la divisione per schieramenti già vista agli ultimi negoziati sui cambiamenti climatici: da un lato le nazioni sviluppate, che insistono per un'estensione degli obblighi del protocollo di Kyoto; dall'altra le economie in via di sviluppo, che non intendono accettare limiti climatici alla loro crescita economica. Con la Cina a guida della pattuglia dei paesi emergenti.
di Antonio Talia
©Riproduzione riservata
ADV