CREDIT SUISSE: NUBI SUL MERCATO IMMOBILIARE

Pechino, 25 nov.- La maggior parte delle imprese cinesi del settore costruzioni deve affrontare ritardi nei pagamenti da parte delle aziende immobiliari, mentre la costruzione di nuovi edifici rallenta rispetto al trimestre precedente, si riduce il credito e calano le vendite delle proprietà: lo rivela un'indagine pubblicata da Credit Suisse venerdì.

 

"Circa l'80% delle ditte di costruzioni rivela che gli imprenditori edili sono rimasti indietro nei pagamenti, e si aspettano maggiori anticipi sui progetti da parte degli stessi costruttori- si legge nel dossier-, mentre circa il 27% di essi sostiene che gli operatori immobiliari vogliono ridurre il ritmo della costruzione, una percentuale che costituisce un aumento del 13% rispetto a tre mesi fa".

 

Secondo Credit Suisse, nel mercato immobiliare cinese è iniziato un massiccio aggiustamento, e presto si potrebbe assistere a notevoli cali delle vendite e più in generale a un crollo parziale del mercato. "Con un mercato delle proprietà che rimane dubbioso e le misure per restringere il credito ancora in vigore, ci aspettiamo che il cash flow nelle mani delle agenzie immobiliari sia destinato a deteriorarsi ulteriormente" scrivono gli analisti della banca svizzera Wenhan Chen, Jinsong Du e Duo Chen.

 

Ma l'istituto di credito elvetico non è da solo nel lanciare un nuovo allarme sul real estate del Dragone: "La bolla immobiliare cinese potrebbe esplodere" scrive venerdì il quotidiano Financial News –pubblicato nientemeno che da People's Bank of China-, che cita un aumento dei rischi finanziari in zone come Wenzhou, Sihong e Ordos. "Rischi finanziari regionali, che possono contagiare il resto del sistema" sostiene il giornale della Banca centrale cinese, mentre fonti anonime rivelano che i prezzi delle case ad Ordos –la "città fantasma" della Mongolia Interna- sono scesi del 70%.

 

I dati pubblicati venerdì mostrano nel mese di ottobre un calo dei prezzi delle proprietà in 33 delle 70 principali città cinesi, e segnano così la peggiore performance da quando il governo ha reso ancora più severe le regole sul real estate e ha deciso di non diffondere più i prezzi medi delle case.

 

"Probabilmente in Cina il mercato immobiliare ha già raggiunto un punto critico- ha dichiarato a Bloomberg l'economista di Nomura basato a Hong Kong Zhang Ziwei- dato che i dati stanno peggiorando a un ritmo molto veloce. A causa di questo crollo, la crescita economica cinese potrebbe scendere al di sotto dell'8% nel primo trimestre del prossimo anno".

 

Il mercato immobiliare cinese è da tempo in pieno surriscaldamento:i prezzi delle proprietà sono raddoppiati nell'arco di cinque anni, e nel solo 2010 sono cresciuti del 18% in tutta la nazione. Fin dall'aprile dello scorso anno il governo ha lanciato numerose misure per contenere i continui aumenti, tra cui il divieto di acquisto di più di un appartamento in alcune metropoli, l'aumento obbligatorio degli anticipi da versare e alcuni esperimenti di tasse sulla proprietà. L'acquisto di una casa è ormai diventato proibitivo per la classe media, tanto da generare grosse tensioni sociali: "I prezzi degli immobili commerciali sono ancora ben lontani dagli obiettivi del governo e dalle aspettative dei cittadini- aveva detto il premier Wen Jiabao in un recente discorso al Consiglio di Stato-, alcuni governi locali non stanno applicando con decisione le misure di controllo decise dal governo centrale e i risultati devono essere ancora stabilizzati".

 

Ma nonostante recentemente il primo ministro abbia riaffermato la linea del contenimento dei prezzi delle case, molti osservatori ritengono che Pechino sarà costretta ad allentare i controlli sul settore: gli alti costi delle proprietà rimangono una preoccupazione politica immediata, ma alcuni analisti ritengono che preso i prezzi potrebbero scendere addirittura del 25%. Un crollo del real estate potrebbe sprofondare la fiducia dei consumatori proprio mentre l'Unione europea si dibatte nella crisi del debito pubblico e gli Stati Uniti non riescono a ripartire, senza contare che il settore immobiliare costituisce una voce fondamentale del bilancio delle amministrazioni locali e degli investimenti.

 

Le ragioni della corsa al mattone degli ultimi anni sono numerose, e vanno dal peculiare sistema con il quale sono gestite  le concessioni in Cina -in un complesso e spesso opaco intreccio tra costruttori e governi locali- fino alla mancanza di strumenti avanzati di investimento, che spesso costringono le famiglie a puntare tutto sull'immobiliare. Ma secondo molti osservatori una spinta decisiva, che ha formato una vera e propria bolla speculativa, si è manifestata nella stagione 2009-2010, quando le banche – per contrastare la crisi globale su impulso del governo- hanno concesso nuovi prestiti per 17500 miliardi di yuan (al cambio attuale circa 2024 miliardi di euro), gran parte dei quali sono andati a finire proprio nel real estate e in progetti infrastrutturali.

 

A complicare ulteriormente la situazione ci sono le LIC, acronimo che sta per Local Investment Companies. Si tratta di agenzie semipubbliche, veicoli finanziari –ai cui vertici siedono uomini di fiducia delle amministrazioni, quando non gli stessi funzionari locali- che hanno ottenuto credito dalle banche presentando come garanzia il più importante asset che possiedono: la terra, che in Cina è di proprietà dello stato. Secondo un rapporto della China Banking Regulatory Commission pubblicato dal settimanale Caixin nel luglio dello scorso anno, le LIC avrebbero ottenuto prestiti per 7660 miliardi di yuan (825 miliardi di euro, al cambio attuale), dei quali il 23% andrebbe ormai classificato come credito in sofferenza e il 50% avrebbe un esito "incerto". Secondo una stima indipendente del gruppo di ricercatori della Northwestern University of Illinois sotto la guida del professor Victor Shih, i prestiti concessi alle LIC ammonterebbero invece a più di 11mila miliardi di yuan (al cambio attuale 1273 miliardi di euro).

 

Ecco allora che un crollo improvviso dei prezzi potrebbe contagiare le banche cinesi, che vantano una quantità imprecisata di crediti dalle aziende del settore immobiliare e dalle amministrazioni locali. . Mentre tra aprile e giugno le scuri di S&P e Moody's avevano tagliato l'outlook del settore – portandolo da "stabile" a negativo", a marzo gli analisti di Fitch avevano addirittura concesso il 60% di possibilità a una crisi sistemica che dall'immobiliare si potrebbe diffondere al resto dell'economia entro il 2013. "Stiamo parlando di una crisi sistemica -aveva dichiarato a Bloomberg il senior director della sede londinese di Fitch Richard Fox-, qualcosa che coinvolge tutte le banche più importanti e, tecnicamente, de-capitalizza il sistema bancario".

 

di Antonio Talia

 

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