Un nuovo, eloquente segnale delle preoccupazioni di Pechino sull'accesso facile al credito: secondo il Wall Street Journal, che riporta le dichiarazioni di una fonte vicina alla China Banking Regulatory Commission, l'authority preposta alla vigilanza del sistema bancario starebbe considerando la possibilità di porre un freno ai prestiti tramite una limitazione ai bond subordinati detenuti dagli istituti di credito. Di che cosa si tratta? Da quando la crisi globale si è affacciata anche in Cina, il governo ha spinto le banche ad aumentare i prestiti per sostenere l'economia: solo nei primi sei mesi del 2009 si è assistito all'apertura di nuove linee di credito per ben 7.4mila miliardi di yuan (circa 750 miliardi di euro), una somma enorme che equivale alla metà del prodotto interno lordo dell'intera nazione nello stesso periodo, e che negli ultimi mesi ha suscitato timori crescenti sull'eventualità di un prepotente aumento dei prestiti non retributivi. Nel concedere prestiti, le banche cinesi sono vincolate a una certa proporzione in rapporto al capitale detenuto: tra i metodi utilizzati dagli istituti di credito per aumentare il loro capitale (e quindi anche i prestiti) c'è l'emissione di bond subordinati, quelle obbligazioni che presentano un maggiore rendimento rispetto ai bond senior, ma anche rischi più elevati. Ed è proprio qui che le nuove misure dell'authority vorrebbero arginare la corsa al credito:secondo il WSJ la China Banking Regulatory Commission starebbe valutando l'idea di estromettere questo tipo di bond dal capitale di un istituto bancario, qualora si tratti di obbligazioni già detenute da altre banche; tale riduzione dei capitali delle banche diminuirebbe la loro capacità di prestare somme ai cittadini e, di riflesso, i rischi connessi all'eccesso di credito. I dati della CBRC parlano chiaro: quest'anno le banche cinesi hanno già emesso bond subordinati per 210.9 miliardi di yuan (circa 21 miliardi di euro), quasi il triplo dei 72.4 miliardi diffusi nel 2008. Secondo un documento che starebbe circolando in questi giorni negli ambienti della CBRC, ben il 51% di tali bond subordinati sono detenuti da altre banche: "Questa percentuale significa che nel sistema bancario non stanno affluendo capitali freschi – si legge nel dossier- e tale situazione non aiuta le banche a cautelarsi contro i rischi sistemici". Ecco, allora, che l'azione della CBRC avrebbe il doppio effetto di frenare l'eccesso di credito sul mercato e spingere le banche a una minore esposizione tra di loro. La misura sarà sufficiente a bilanciare la situazione? I mercati cinesi stanno mostrando nell'ultimo periodo un'esuberanza giudicata eccessiva da parecchi analisti in settori molto variegati: il colosso dell'e-commerce Alibaba.com, ad esempio, sta procedendo alla costituzione di una grossa joint-venture in India sull'onda della ripresa annunciata per l'ultimo trimestre 2009, mentre il property developer Vanke (che nella prima metà del 2009 ha assistito a un aumento dei profitti del 22.5%) sta lanciando nuovi, imponenti progetti immobiliari; tutte iniziative nate sotto il segno del massiccio intervento del governo. L'ultimo in ordine di tempo a dare voce alle preoccupazioni sul credito facile è stato il vicegovernatore della Banca Centrale Su Ning, secondo il quale Pechino adotterà presto metodi di mercato nell'emissione dei prestiti, anziché basarsi esclusivamente sui capitali dichiarati dalle banche.