Così Pechino sceglie la via del business
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Così Pechino sceglie la via del business

Così Pechino sceglie la via del business

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Tra un decennio l'economia cinese, grazie alla doppia spinta di una crescita del Pil del 10% l'anno e della rivalutazione dello yuan sul dollaro potrebbe superare quella americana e diventare la prima del pianeta. Il mondo e la Cina, uniti nell'abbraccio della globalizzazione, sanno che questo sarà un enorme sconvolgimento per l'ordine mondiale. La pragmatica Cina sa anche che il futuro si prepara oggi, a partire da quello che crede sia la bussola di ogni sistema, la teoria.
L'idea di costruire interessi comuni con il resto del mondo rappresenta la fase più recente dell'evoluzione della teoria politica estera cinese, quella che guiderà il paese nel prossimo decennio. Dopo la morte di Mao, Deng ha smesso di cercare di esportare la rivoluzione in tutto il mondo. La Cina si è ripiegata su se stessa con l'idea di sfuggire al confronto e allo scontro con altri paesi. Alla fine degli anni 90 proprio Zheng, autore dell'articolo a fianco, lanciava l'idea dell'ascesa pacifica della Cina.
Secondo questo principio, la crescita politica ed economica della Cina, diversamente da quella di tutte le altre potenze del passato, non sarebbe stata accompagnata da scontri militari. Anzi Pechino non avrebbe fatto niente per sovvertire l'ordine globale. In questi dieci anni però molte cose sono cambiate e anche se la Cina non ha avuto scontri militari, la sua semplice crescita economica e politica ha spostato gli equilibri globali. Per questo la classe dirigente del paese ha sentito il bisogno di lanciare una nuova idea per andare incontro alle crescenti preoccupazioni mondiali sul ruolo della Cina. Il nuovo principio teorico è che la Cina intende costruire una comunanza di interessi con tutti i paesi che da una parte creino una situazione di beneficio bilaterale e multilaterale e dall'altra frenino la corsa a eventuali guerre che potrebbero scatenarsi intorno alla Cina. In altre parole, la Cina offre un mutuo beneficio e non intende accaparrarsi tutti i vantaggi a danno degli altri paesi.
Si tratta di un passaggio molto importante che intende rassicurare il mondo. Il messaggio è chiaro: la Cina non rappresenta una minaccia militare o economica, ma intende costruire interessi comuni tra paesi diversi. L'esistenza di questi interessi diventa poi, come dice Zheng, il fondamento della sicurezza internazionale, perché la guerra danneggerebbe tutti.
Il fatto che la Cina voglia collegare i suoi interessi con quelli del mondo dovrebbe essere la maggiore garanzia, secondo i leader i Pechino, che la Cina non danneggerà i suoi affari per arrischiare una guerra. Ciò non significa che la Cina non reagirà se attaccata ma certo dichiara solennemente che non vuole conflitti e si muove per creare le condizioni materiali per prevenirli. La comunanza di interessi, appunto.
È un passo avanti storico per la Cina e per il mondo, in un momento in cui il Medio Oriente è in fiamme e il Giappone, terza economia mondiale, traballa per le conseguenze ancora incerte del disastro nucleare dopo il terremoto.
L'articolo di Zheng non affronta il problema della differenza del sistema di valori, non a caso mentre l'occidente vuole esportare la democrazia. Il problema della esportazione delle idee occidentali resterà sul tavolo ancora per anni. Zheng lo sa, ma con lui la Cina auspica che la comunanza di interessi crei maggiore contatto e comprensione reciproca che facilitino il dialogo. La Cina in altre parole tende la mano. Il resto del mondo le crederà?
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31/03/2011
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