(di Marzia De Giuli) Tutti laureati e di bell'aspetto. Alcuni in divisa e altri in borghese, attendono le nove e mezza. Non poliziotti ordinari, ma giovani quadri avviati alla dirigenza. ''Quando mi hanno chiesto di tenere un corso di italiano ai poliziotti cinesi, sono rimasto sorpreso. Non avevo idea che anche loro dovessero studiare altre lingue''. Ogni mercoledì e domenica mattina, Giovanni di Lieto sale al nono piano del palazzo principale dell'università di lingue straniere di Shanghai, dove lo attende la sua speciale scolaresca. Ventidue poliziotti hanno la missione di imparare frasi utili per accogliere i visitatori italiani dell'Expo. Non solo parole di emergenza da usare, per esempio, in caso di pericolo o di smarrimento di un documento, ma anche concetti più difficili, come la descrizione dell'Expo e dei suoi padiglioni. Il corso, iniziato in aprile con un insegnante cinese, si concluderà a metà agosto. ''Hanno basi grammaticali solide perché hanno iniziato con professori cinesi. Un buon metodo, perché il loro approccio allo studio di una nuova lingua è diverso dal nostro. Se in Occidente si preferisce partire dal parlato per poi racchiudere quanto si è appreso in regole, i cinesi fanno l'opposto: prima studiano i recinti semantici e solo successivamente li applicano alla vita reale - spiega di Lieto - La maggior parte di questi ragazzi, tutti tra i 25 e i 30 anni, partecipa al corso con notevole sacrificio. Lavorano sparsi per la città e spesso non hanno orari fissi. Alcuni, per esempio, non seguono sempre le lezioni oppure vengono in divisa per potere dopo entrare direttamente in servizio. Tutti prendono questo impegno seriamente, anche se c'è chi è più bravo e chi meno, le ragazze in genere di più''. L'iniziativa, che comprende anche l'insegnamento di altre lingue come lo spagnolo, il tedesco e il francese, è un investimento non indifferente anche per la municipalità di Shanghai che, per trarre buoni risultati, ha adottato una strategia intelligente: gli studenti dovranno anticipare il costo del corso, pari a 4 mila yuan (400 euro, l'equivalente circa di un intero stipendio). Saranno rimborsati solo se supereranno l'esame finale. ''La polizia ha illustrato agli insegnanti gli obiettivi attesi, fra i quali la comprensione e l'utilizzo di una brochure tradotta nelle diverse lingue per comunicare con i visitatori dell'Expo. Ha raccomandato particolare attenzione anche agli aspetti burocratici del corso, come il conteggio delle presenze''. Faticoso insomma, ma gratificante. Del resto, nell'ottica cinese, si tratta sì di un ''obbligo'' ma anche di un onore, perché i ragazzi sanno di essere il volto che la Cina mostrerà al mondo. Lo si intuisce dalla meticolosità con cui prendono appunti. Si soffermano sulle ''r'', provano e riprovano, un po' intimoriti ma risoluti a imparare. Anche se nessuno di loro è mai stato all'estero - anche perché per un poliziotto cinese è particolarmente difficile ottenere il visto di uscita - manifestano grande attrazione nei confronti dell'Italia. ''Nicola (a ognuno di loro ho dato un nome italiano) mi dà spesso un passaggio. Così provo anche l'ebbrezza di viaggiare con l'automobile della polizia'', dice Di Lieto. Un privilegio anche questo – considerato il rigore delle forze dell'ordine in Cina - concesso a un italiano in segno di amicizia. Mentre guida, Nicola non smette di fare domande sul nostro Paese. Bello e sorridente, ripete ''Benvenuti all'Expo di Shanghai''.