Pechino, 19 ott. - Sono 440 gli alti funzionari del Partito Comunista Cinese indagati per corruzione dal 2012, quando partì la campagna contro la corruzione lanciata dal segretario generale del Pcc, Xi Jinping, e affidata al capo della Commissione Disciplinare del partito, Wang Qishan. A rivelare gli ultimi dati della lotta alla corruzione in Cina è stato il vice segretario della Commissione Disciplinare, Yang Xiaodu, che ha parlato a margine dei lavori del diciannovesimo Congresso del Pcc, apertosi il 18 ottobre a Pechino con il discorso di Xi alla grande Sala del Popolo, di fronte ai 2280 delegati giunti a Pechino da tutta la Cina per partecipare all'evento politico più importante degli ultimi cinque anni.
I numeri complessivi della campagna anti-corruzione in Cina sono, però, molto più alti: secondo le stime diffuse la settimana scorsa dalla stessa Commissione Disciplinare, negli ultimi cinque anni, sono stati puniti con vari tipi di sanzioni 1,34 milioni di funzionari, soprattutto di livello locale, e la lotta alla corruzione ha portato a una diminuzione dei reati, dopo il biennio 2013-2014. All'inizio della campagna, il presidente cinese, Xi Jinping, aveva promesso di colpire sia le "tigri" che le "mosche", ovvero sia gli alti funzionari che quelli di rango inferiore: a questi si sono poi aggiunte le "volpi", ovvero i funzionari scappati all'estero. Tra i numeri dei funzionari indagati citati oggi da Yang, ci sono 43 membri del Comitato Centrale del Pcc, uno degli organi di più alto livello del Pcc, e nove membri della stessa Commissione Disciplinare. Tra il 2012 e oggi sono stati puniti altri 899 funzionari di livello municipale, oltre 63mila funzionari di livello di contea, e 278mila di livello locale. Altri 3453 fuggitivi all'estero, le "volpi" della campagna anti-corruzione, sono stati poi consegnati alla giustizia in Cina.
Sono stati soprattutto i nomi degli alti funzionari coinvolti nelle indagini a fare scalpore: tra questi ci sono anche l'ex capo degli apparati di Sicurezza, Zhou Yongkang, ex membro del Comitato Permanente del Politburo, il vertice del potere in Cina, condannato all'ergastolo nel giugno 2015 per corruzione, abuso di potere e diffusione di segreto di Stato, e i due ex vice presidenti della Commissione Militare Centrale, il vertice decisionale delle Forze Armate: Guo Boxiong, anch'egli condannato all'ergastolo, e Xu Caihou, morto prima di comparire davanti ai giudici. L'ultimo leader in ordine di tempo a cadere in disgrazia per l'anti-corruzione è l'ex capo del partito di Chongqing, Sun Zhengcai, espulso dal Pcc il mese scorso e in attesa di comparire davanti ai giudici. La sua sorte ricorda da vicino quella del suo predecessore, Bo Xilai, che aveva ricoperto la sua stessa carica fino all'inizio del 2012, quando finì al centro di uno scandalo di vastissime proporzioni che lo portò all'espulsione dal partito e a una condanna all'ergastolo per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere nel settembre dell'anno successivo. L'impegno della Cina nella lotta alla corruzione è stato ricordato anche ieri dal presidente cinese. "Dobbiamo rimanere saldi come una roccia" per vincere la lotta contro la corruzione, aveva dichiarato Xi Jinping nel discorso di apertura dei lavori del Congresso del Pcc.
18 OTTOBRE 2017
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