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Tornando all'export elvetico di orologi, nei primi otto mesi 2011 si registra una somma di 11,7 miliardi di franchi (9,6 miliardi di euro), con un incremento del 19,2% rispetto a dodici mesi prima. I primi dieci mercati di sbocco sono nell'ordine Hong Kong con 2,3 miliardi di franchi (+26%), Usa con 1,2 miliardi (+21%), Cina con 962 milioni (+47%), Francia con 827 milioni (+18%), Singapore con 697 milioni (+24%), Italia con 648 milioni (+10%), Germania con 547 milioni (+9%), Giappone con 522 milioni (+6%), Emirati Arabi Uniti con 448 milioni (+25%), Regno Unito con 399 milioni (+8%). «Cifre – spiega Peserico – che indicano chiaramente due fattori importanti: una crescita dell'export di orologi svizzeri molto rilevante verso l'Asia e le aree emergenti; ma anche un segno positivo sui mercati tradizionali, anche europei. Questi ultimi dimostrano di avere solidità nel nostro settore».
Secondo una parte degli analisti, a sostenere le vendite di orologi nel mondo in questa fase di turbolenze sui mercati finanziari è la tendenza a identificare l'oro, ma il discorso si estende anche a orologi e gioielli, come bene rifugio.
«In effetti – commenta Peserico di Assorologi – credo che in questa fase lo stesso effetto che tiene in alto l'oro si possa sentire anche in alcuni segmenti dell'orologeria. Una certa parte degli acquirenti tendeva già da prima al bene rifugio, ma ora, alla luce della crescente incertezza, questa tendenza può certamente accentuarsi».
Oltre a questo, resta il buon andamento del prodotto orologio in generale, in varie fasce di prezzo. I dati Fh sull'export di orologi rossocrociati mostrano che, al di là delle oscillazioni mensili, il trend di aumento riguarda tutte le fasce di prezzo. Cambiano le motivazioni per l'acquisto, certo. Ma le lancette vanno, nonostante il vento contrario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10/10/2011
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