Continuano a rallentare i prezzi del Dragone
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Continuano a rallentare i prezzi del Dragone

Continuano a rallentare i prezzi del Dragone

Pechino. A novembre sono saliti al tasso del 4,2% rispetto a 5,5 di ottobre
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
L'inflazione cinese schiaccia ancora il pedale del freno. A novembre, l'indice dei prezzi al consumo del Dragone ha registrato un incremento su base annua del 4,2 per cento.
Si tratta di una forte contrazione rispetto all'aumento del costo della vita registrato nei due mesi precedenti (+5,5% a ottobre e +6,1% a settembre), in parte attesa alla luce dei numerosi segnali di rallentamento giunti negli ultimi giorni dall'economia reale.
Ma, soprattutto, si tratta di un segnale importante sotto il profilo tendenziale: a novembre, infatti, il tasso d'inflazione cinese è sceso per la quarta volta consecutiva dopo il picco massimo degli ultimi tre anni (6,5%) raggiunto a luglio, e si è portato così al livello più basso degli ultimi tredici mesi.
A raffreddare la temperatura dei prezzi oltre la Grande Muraglia è stata l'attenuazione dei rincari dei generi alimentari, che furono la causa della fiammata inflazionistica iniziata nell'autunno 2010. A novembre, l'inflazione da cibo si è attestata all'8,8%, una percentuale sempre elevata ma assai distante dai livelli record della scorsa estate, scendendo di quasi un punto percentuale rispetto a ottobre, grazie allo sgonfiamento dei corsi della carne di maiale (la principale fonte di energia alimentare della popolazione cinese) e di altre derrate molte influenti sugli spostamenti del paniere.
A novembre, anche l'inflazione non-food ha rallentato il passo perché i prezzi di una serie di beni durevoli (come, per esempio, gli immobili) e quelli dei servizi hanno finalmente smesso di lievitare. Frattanto, il tasso di incremento dell'indice dei prezzi alla produzione è sceso al 2,7%, ben al di sotto del 7,5% raggiunto a luglio e quasi la metà di quello registrato a ottobre.
Insomma, dopo mesi trascorsi in trincea cercando di difendersi dall'inflazione utilizzando con la massima determinazione l'arma della politica monetaria, il Governo cinese può forse iniziare a guardare al fronte dei prezzi con maggiore serenità e concentrare la propria azione sul fronte della crescita economica.
Se, infatti, l'inflazione per Pechino è una brutta bestia perché, come insegna la storia cinese, i rincari del costo della vita rischiano sempre di scatenare malcontento, turbolenza e rivolte di piazza, anche l'espansione del prodotto interno lordo è un nodo cruciale per l'equilibrio economico e sociale della superpotenza asiatica.
E mai come oggi, dai tempi della grande crisi globale del 2008, le prospettive di sviluppo di Pechino appaiono tante appannate. Il primo segnale d'allarme è arrivato qualche giorno fa dall'indice Pmi elaborato dalla China Federation of Logistic and Purchasing che a novembre è sceso a quota 49 contro 50,4 del mese precedente, vale a dire a un livello che indica una contrazione dell'attività manifatturiera.
Altri dati resi noti ieri dall'Ufficio Statistico confermano inequivocabilmente che, oltre ai prezzi, anche la corsa dell'economia cinese sta rallentando. A novembre, la produzione industriale ha perso ancora un po' di slancio mettendo a segno un aumento anno su anno del 12,4%, uno degli incrementi più bassi dell'ultimo biennio. Intanto, le vendite di immobili hanno accusato una contrazione dell'1,7%, quelle di case residenziali del 3,3 per cento.
In questo quadro di grande incertezza, un fatto è certo: la stagione del caro denaro, inaugurata da Pechino a suon di provvedimenti amministrativi e di aumenti dei tassi d'interesse nell'autunno 2010 per combattere l'inflazione, è finita. E il taglio di mezzo punto della riserva obbligatoria deciso la settimana scorsa dalla People's Bank of China potrebbe essere solo il primo passo verso una politica monetaria più accomodante per stimolare la crescita della congiuntura.
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Il cibo
Il rallentamento riguarda i generi alimentari i cui prezzi hanno registrato un tasso dell'8,8%, un dato sempre alto ma ben diverso da quello record della scorsa estate quando era arrivato al 9,5%

L'inflazione non food
Anche i beni durevoli, come immobili e servizi sono stati interessati dalla frenata dei prezzi

Le conseguenze
È dunque finita la stagione dell'aumento dei tassi di interesse per combattere l'inflazione

a pagina 29
L'approfondimento sull'impatto del rallentamento cinese sulle aziende italiane

10/12/2011
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