Con il soft power della finanza Pechino allarga la sua influenza
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Con il soft power della finanza Pechino allarga la sua influenza

Con il soft power della finanza Pechino allarga la sua influenza

L'ANALISI
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È un grande creditore. Ha tutto l'interesse a mantenere la stabilità finanziaria. E se le banche, a volte, continuano a finanziare debitori in difficoltà nella speranza che possano risanare i loro bilanci, così si può immaginare che per il Governo cinese sia conveniente dare una mano a Eurolandia.
Già l'ha fatto, in realtà. Ha acquistato bond greci, portoghesi, spagnoli. Non volendo legare i propri investimenti - almeno i 3.200 miliardi di dollari di riserve - alle sorti dei soli Stati Uniti, ha un incentivo importante a diversificare e quindi a evitare che l'Unione monetaria rischi tensioni pericolose o addirittura dirompenti. Anche se la Bce non desidera dare un ruolo internazionale all'euro, che resta una valuta regionale, è evidente che, con un enorme mercato finanziario alle spalle, la moneta unica lo è un buon sostituto parziale del dollaro. Senza, sarebbe tutto più difficile, e non solo per Pechino.
Un tentativo italiano - vero o presunto: tra indiscrezioni, smentite e precisazioni non è chiaro cosa sia accaduto - di coinvolgere la Cina nel finanziamento dei bilanci pubblici si inserirebbee proprio tra queste circostanze. Il Governo di Roma deve raccogliere 70 miliardi entro fine anno e un aiuto, soprattutto se interessato, è sempre bene accetto.
A patto, però, di calcolare i rischi. Acquisti cinesi non devono essere considerati - e presentati - come "la" soluzione. Altrimenti si ridurrebbe l'incentivo ad aggiustare mali italiani di lunga data che non sono certo l'invenzione di una fantomatica "speculazione internazionale": il debito pubblico è troppo alto da quasi trent'anni, la crescita debole da quasi venti. Risanamento e riforme restano quindi necessarie. Tentare di evitarle, peraltro, trasformerebbe l'intervento cinese in una fuga dalle responsabilità e dagli impegni verso l'Europa: un colpo per la credibilità dell'Italia.
Non si possono neanche nascondere gli aspetti politici dell'intervento. Le risorse cinesi di cui si discute sono pubbliche, gestite dal Governo - "comunista"! - di un'importante potenza regionale che ha imparato a usare bene, e su tutti gli scacchieri internazionali, il soft power della finanza. Ha un interesse economico a intervenire, ma anche meno vincoli di un privato. Può, all'occasione, fare come gli Stati Uniti, al tempo creditori, con la Gran Bretagna: fecero crollare la sterlina - lo ha raccontato Lawrence Summers - per costringere Londra ad abbandonare Suez, durante la crisi del '56; e ci riuscirono.
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14/09/2011
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