Con caramelle e gelato crisi meno amara
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Con caramelle e gelato crisi meno amara

Con caramelle e gelato crisi meno amara

IMPRESE & RIPRESA - OLTRE I CONFINI ITALIANI
di lettura
di Vittorio Carlini
Gli enormi bracci meccanici che miscelano l'impasto delle caramelle e le pale che montano la crema dei gelati cercano di scacciare via anche crisi e concorrenti agguerriti.
Perfetti e Carpigiani guardano lontano: i loro fatturati non soffrono, l'occupazione neppure. Merito di oculate politiche soprattutto sui mercati stranieri. L'azienda dei chewing gum argina il trend negativo dell'Occidente con l'impegno in Estremo Oriente e apre un nuovo stabilimento in Cina. Carpigiani, azienda locale che copre con i macchinari per il gelato che produce la metà del mercato mondiale, sostiene la propria vocazione all'estero dando un sostegno ai 300 concessinari messi in difficoltà dalla stretta del credito.
Sono le 6 del mattino allo stabilimento della Perfetti Van Melle a Lainate, periferia nord di Milano. Gli operai entrano in azienda. Le linee di produzione, nonostante la recessione, lavorano a buon ritmo. Aromi e materie prime vengono smistati nei reparti. I computer, seguendo ricette top secret, ordinano gli impasti. La gomma scivola su nastri trasportatori. Bracci meccanici "pinzano" i prodotti che, di lì a poco, finiranno in un magazzino automatizzato, off limits per l'uomo. Sono alcune delle immagini che colpiscono, aggirandosi nello stabilimento. Istantanee che possono apparire normali. Solo che l'impianto di Lainate è una catena di montaggio da cui non escono auto, bensì caramelle e chewing gum. Uno stabilimento, da più di 20mila tonnellate di prodotto all'anno, dove la fatica dell'uomo si mescola con tecnologia e meccanica.
Certo, l'innovazione di questa fabbrica non è presente in tutti gli altri trenta stabilimenti del gruppo. Ma nella multinazionale italiana della caramella l'impasto a mano è quasi un ricordo: la tecnologia è un ingrediente per rimanere competitivi. «Nel 2009 manterremo i margini - dice Ubaldo Traldi, Ceo del gruppo -. I ricavi, invece, a livello mondiale dovrebbero salire tra il 7 e l'8%». Tradotto: superare i 2 miliardi di euro.
Ovviamente non è solo hi-tech. La stessa tipologia di business dà una mano: vendere macchine per l'edilizia, in questo momento, sarebbe un problema. Invece, quello della Perfetti Van Melle è una nicchia alimentare meno esposta alla recessione. «Per di più - sottolinea Holger Hartmann, Ceo del gruppo in Italia -, comprare una caramella è un acquisto d'impulso», perfino agevolato in periodi di crisi. «Si cerca una piccola soddisfazione a basso prezzo». Come dire: non andrò al cinema, magari rinuncio al ristorante ma la "cicca" me la concedo. Non stupisce così, che il business mondiale del confectionery al consumo, 80 miliardi di euro nel 2008, nell'ultimo quinquennio sia sempre cresciuto.
La fortuna però bisogna meritarsela. «La recessione - specifica Traldi - tocca anche noi: aree di mercato più consolidate, come per esempio l'Europa, sono in calo. Il trend negativo, tuttavia, è controbilanciato dagli sforzi nel lontano Oriente: i ricavi generati laggiù, nel 2009, saliranno tra il 15 e 18 per cento. A breve, poi, apriremo il terzo impianto in Cina». Insomma, l'internazionalizzazione, oltre alla tecnologia, per gestire la crisi. Anche perché la battaglia dei Lollypop si combatte su scala planetaria. A fine 2008, Perfetti Van Melle era il terzo gruppo al mondo dopo Cadbury e Mars-Wrigley. Una posizione minacciata dal recente tentativo di shopping, per 10 miliardi di euro, da parte di Kraft sull'inglese Cadbury. È la crisi che spinge le aziende, in caccia di economie di scala e di scopo, a consolidarsi. «Ciò che preoccupa - dice Traldi - è il possibile peso contrattuale di simili giganti. In aree a forte espansione, come la Cina, avremo più difficoltà nel trattare con le grandi catene di distribuzione».
Non è solo internazionalizzazione. Anche perché, se nei paesi emergenti le caramelle con lo zucchero vanno per la maggiore («La caloria in più - sorride Hartmann - non è il diavolo»), in Europa il prodotto light è d'obbligo. Così le società del chewing gum spingono sull'innovazione. «In Italia - spiega il manager -, proprio per fronteggiare la recessione, abbiamo deciso di anticipare il lancio di nuovi prodotti: questi, a tutt'oggi, valgono il 20% del fatturato contro una media del 10 per cento. Uno sforzo non da poco». Vale a dire? «Abbiamo studiato formule che, ad esempio, permettono il rilascio ritardato delle molecole di aroma dalla gomma: il chewing gum, anche dopo dieci minuti, deve avere un sapore. Fondamentale poi, il packaging, la confezione. Sicura, nuova e accattivante. Per Vigorsol Cult, ad esempio, abbiamo puntato su una scatola cool».
A ben vedere, è essenziale che il prodotto sia anche adatto per essere lanciato in uno spot. Che la pubblicità fosse fondamentale Perfetti l'aveva già capito nel 1952 quando lanciò Brooklyn, "La gomma del ponte". Una vera icona culturale. Poi, con il trascorrere del tempo sono arrivate pubblicità più aggressive. Come Cippy: lo scoiattolo che dopo aver masticato un fresco chewing gum, grazie alla fresh air explosion, arriva a salvare il Polo dal surriscaldamento globale. Spot che, proprio in un periodo di recessione («Non abbiamo tagliato gli investimenti», dice Traldi), danno la spinta in più all'acquisto d'impulso. Anche se, poi, la finzione pubblicitaria nulla può contro la ricerca (obbligata) di maggiori efficienze. Proprio di recente, è stato deciso di trasferire (a Lainate e Teramo) le linee produttive dello storico stabilimento della Caremoli, quello delle Golia. Sarà cassa integrazione? «No. C'è un accordo con i sindacati che prevede: contratti a termine trasformati in tempo indeterminato e il prepensionamento di 25 lavoratori nel 2009. Un'altra decina, poi, quelli coinvolti nel 2010».
Non sono solo i chupa-chupa. Anche il gelato può difendere dalla crisi. In Italia, le famiglie continuano a spendere 1,9 miliardi di euro all'anno per creme e cioccolato. Un fatto che può avere un impatto positivo sulla filiera industriale di coni e coppette. Per rendersene conto bisogna scendere lungo la via Emilia e fermarsi ad Anzola dell'Emilia, a un quarto d'ora da Bologna. Qui ha sede, e stabilimento, la Carpigiani, che, nata nel 1946, produce macchine per fare il gelato.
Ebbene in un settore, quello metalmeccanico, dove le ore di cassa integrazione non si contano più e i fatturati crollano, il gruppo emiliano resiste. «La situazione economica e patrimoniale è solida - spiega il neodirettore generale Andrea Cocchi -. I ricavi degli ultimi mesi sono migliorati e, a parità di cambio, dovremmo chiudere l'esercizio con una flessione attorno al 6 per cento». Il fatturato dovrebbe attestarsi su 120 milioni di euro. Certo, la diminuzione è nei numeri. Ma proprio la tipologia dei prodotti made in Carpigiani, cioè beni d'investimento, rende il risultato interessante. «Sono macchine che durano anni - specifica il manager -, con un tasso di sostituzione basso». Così, soprattutto in questo periodo «dobbiamo puntare sull'eccellenza. La nostra forza? La rete di fornitori, un indotto di circa 500 piccole e medie imprese». Un know-how, spesso artigianale, «senza eguali al mondo. Sembrerà incredibile, ma l'insieme del cilindro con le pareti fredde, dov'è mantecato il gelato, e l'"agitatore" che mescola il prodotto è costruito nella giusta maniera solo dalle nostre parti».
Sono i piccoli accorgimenti e modifiche, introdotti anno dopo anno nei laboratori della zona, a fare la differenza. Una differenza però che, viste le ridotte dimensioni delle aziende, rischia di sparire con la crisi. Tanto che alla Carpigiani sono dovuti intervenire. «Abbiamo chiamato i fornitori - ricorda Romano Verardi, responsabile sistema e gestione qualità - e li abbiamo sollecitati a riorganizzarsi». Prosegue: «Avevamo bisogno di capi commesse esterni che, da un lato, si facessero carico della realizzazione dei vari moduli, montati e collaudati in fabbrica; e che, dall'altro, coordinassero i soggetti più piccoli». All'inizio ci sono state resistenze «ma, poi, tutti hanno capito che la festa era finita». Così, fino ad ora, «nessuno dei nostri fornitori è saltato», dice Cocchi. Anche perché «abbiamo giocato d'anticipo - fa eco Verardi - Già da tempo abbiamo introdotto la flessibilità in azienda». Che cosa vuole dire? «Il nostro è un business di per sé stagionale: nel periodo di picco l'orario è di 48 ore settimanali; in quello di calo di 32. Considerare normale di per sé l'orario flessibile è un punto di forza per gestire la crisi». Tanto che alla Carpigiani di cassa integrazione fino ad ora non si parla proprio. Alessandro, addetto a un reparto, confida: «Ho degli amici che hanno perso il lavoro. Visto quello che succede fuori, lavorare qui va bene».
Non è solo economia di rete, formazione, outsourcing e flessibilità. Essenziale è intercettare la domanda in arrivo da tutto il mondo. Carpigiani è un mix, non raro nel tessuto industriale italiano, tra imprenditoria locale, managerialità e internazionalizzazione. Nel 1989 è stata acquisita da Ali Group, colosso milanese della produzione e distribuzione di apparecchiature per la ristorazione professionale. «Il gruppo - dice Cocchi -, seppure l'autofinanziamento sia nelle nostre corde, garantisce un ombrello importante sotto il profilo finanziario». Anche per la crescita all'estero. Carpigiani, oltre a due stabilimenti in Italia, ne ha altri tre oltreconfine (in Spagna, Usa e Cina). Il tutto per una capacità produttiva annuale di 10mila macchine per il gelato e circa 20mila per le granite. Ma non soffrite la stretta sul credito? «In Italia direttamente no. All'estero aiutiamo i nostri 300 concessionari (che affiancano dodici sedi commerciali, ndr) con l'apertura di linee di finanziamento. Se non controllassimo la rete distributiva sarebbero guai: le banche non sono disposte a finanziare i piccoli trader locali». Una strategia essenziale per Carpigiani, leader con una quota del 50% nel mercato mondiale, che non può prescindere dall'estero. «Nel gelato soft all'americana, che vale il 40% dei nostri ricavi, abbiamo notato una certa effervescenza: le catene di fast food chiedono le nostre macchine». Di nuovo, la domanda di food and beverage, a basso prezzo, attira la clientela. E l'azienda bolognese ne approfitta. Anche se, il gelato tradizionale all'italiana, «rimane il nostro atout principale», conclude Cocchi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Diciannovesima puntata
Le precedenti puntate sono state pubblicate il 1° settembre (Brugola Oeb e Gruppo Fontana), il 2 settembre (St Microelectronics Numonyx e Transcom), il 3 settembre (Bbsfere), l'8 settembre (Acque Mangiatorella e Bottan), il 12 settembre (Leuci e Umpi), il 17 settembre (Herno e Tessitura Stamperia Luigi Verga), il 19 settembre (Coccoina e Stock Spirits), il 20 settembre (Gianni Zonin, Aldo Ghidini, Anna Maria Artoni, Patrizio Bianchi e Paolo Dalla Corte), il 23 settembre (Biancheri Creations e Flora Toscana), il 25 settembre (Industrie Ifi e Zannini), il 27 settembre (diario online della crisi), il 29 settembre (le richieste delle Pmi), il 2 ottobre (le difficoltà degli artigiani), il 4 ottobre (gli incentivi), il 6 ottobre (Rapporto FOndazione Edison), il 7 ottobre (delocalizzare a Brescia), l'8 ottobre (Bologna contro il fisco), il 9 ottobre (la carta della qualità).
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Alla Carpigiani si fa anche cultura. Il gruppo emiliano ha da tempo fondato l'università del gelato. Una scuola industriale che non forma tanto gli impiegati quanto persone esterne al gruppo. «I corsi - spiega il direttore generale Andrea Cocchi (nella foto) - si rivolgono direttamente a imprenditori che vogliono iniziare un'attività nel mondo dell'ice cream o a chi lavora in catene e rivendite alimentari». L'obiettivo è diffondere la cultura del gelato. Anche se, poi, la strategia primaria è formare l'imprenditore sulle macchine del gruppo e indirizzare la domanda.
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La Perfetti Van Melle, che conta trenta stabilimenti in tutto il mondo dove lavorano 17mila dipendenti (in Italia sono 1.200), per fronteggiare la recessione nella penisola si affida anche, e soprattutto, alla logistica. «Realizziamo - dice Ubaldo Traldi, Ceo del gruppo (nella foto) - fino a tre riunioni settimanali con la nostra rete di circa 700 agenti. Così, monitoriamo in tempo reale la domanda. Grazie all'automatizzazione siamo molto flessibili con le scorte in magazzino. Vengono riviste ogni due, tre settimane».

18/10/2009
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