Pechino, 2 dic.- La sindrome si diffonde, o perlomeno è sempre di più sotto i riflettori: sono centinaia e centinaia gli operai che si sono riuniti venerdì ai cancelli della Hi-P International di Shanghai per protestare contro le misere condizioni di lavoro e avere maggiori informazioni sui presunti progetti di trasferimento della fabbrica.
I lavoratori hanno detto di essere in sciopero già da tre giorni, i testimoni riferiscono di scontri con un massiccio schieramento di polizia presente sul luogo, seguiti da numerosi arresti.
La Hi-P International è di proprietà di una società di Singapore, e fornisce componentistica per colossi dell'elettronica come Apple, Motorola e Hewlett-Packard, ma i vertici dell'azienda –tanto a Shanghai che a Singapore- hanno rifiutato di rendere qualsiasi dichiarazione alla stampa.
Quello di venerdì è solo l'ultimo di una raffica di scioperi che negli ultimi mesi sta agitando le fabbriche cinesi: a fine novembre nel sud della Cina oltre mille operai di un subappaltatore di Apple e Ibm avevano incrociato le braccia per protestare contro gli straordinari forzati, gli incidenti sul lavoro e i licenziamenti. Pochi giorni prima era stato il turno di un'enorme fabbrica di scarpe che rifornisce Adidas e Nike, dove a scioperare erano stati in 7mila. Nello stesso periodo in tutto il Guangdong –la fucina manifatturiera nella Cina meridionale- si erano registrati numerose altre agitazioni negli stabilimenti di Shenzhen, Dongguan e Foshan. Ed è impossibile dimenticare il caso Foxconn, la fabbrica fornitrice di componenti elettronici per Apple scossa da una catena di suicidi, finita nell'occhio del ciclone per le disumane condizioni cui vengono sottoposti gli operai.
Che cosa sta succedendo nella "fabbrica del mondo"? C'è una maggiore consapevolezza tra i lavoratori che rivendicano nuovi diritti? Si può parlare di un movimento dei lavoratori?
"Si può parlare dello sviluppo di una coscienza di classe tra i lavoratori migranti in Cina, ma è ancora a un livello embrionale. Al momento credo che i lavoratori percepiscano ancora sé stessi a livello di singola fabbrica, perché tutti gli operai hanno la stessa posizione, di solito posseggono lo stesso background e portano avanti gli stessi interessi" spiega ad AgiChina 24 Geoffrey Crothall, attivista e direttore del sito in inglese dell'ONG China Labour Bulletin, con sede a Hong Kong.
"Sono tutti ventenni, o anche più giovani, e la stragrande maggioranza di essi è composta da lavoratori immigrati dalle province più povere. Questo retroterra comune è la ragione per la quale si vede un coordinamento principalmente a livello di fabbrica, di stabilimento. Si può anche parlare di collegamento tra lavoratori nella stessa industria, o nello stesso distretto, che è la ragione per cui si assiste a scioperi per cluster".
Secondo Crothall, tra gli operai le voci di uno sciopero negli stabilimenti vicini si spargono molto velocemente, in un fitto tam tam che passa di bocca in bocca anche grazie a un certo utilizzo di quegli spiragli concessi dal controllatissimo web cinese.
China Labour Bulletin è un'organizzazione fondata nel 1994 dall'attivista per i diritti dei lavoratori Han Dongfang, che non gode dell'approvazione del governo di Pechino: la diffusione dell'ultimo rapporto dell'ONG, "Unity is Strength: The Workers' Movement in China 2009-2011" è stata bloccata dalle autorità nel settembre scorso su tutto il territorio cinese.
Ma da Hong Kong, CLB può esprimersi: "Penso che l'inflazione giochi un ruolo molto importante nel motivare i lavoratori a chiedere salari più alti, perché molti operatori hanno ancora stipendi base, oppure che non vanno al di là di quelli minimi" spiega Crothall. "Non è davvero un salario che permette di vivere, perché ad esempio il prezzo della carne di maiale quest'anno è già cresciuto di circa il 50% e ciò ha un impatto molto significativo. Se non hai neanche abbastanza denaro per vivere, allora è ovvio che chiederai un salario più elevato.L'aumento del costo della vita è una delle cause principali delle ultime rivendicazioni". A luglio in Cina l'indice dei prezzi al consumo è cresciuto del 6.5%, ai massimi da tre anni, e anche se nei mesi successivi l'inflazione è leggermente scesa si tratta di cifre che superano comunque la soglia del 4% entro la quale il governo vorrebbe contenerla per il 2011.
In Cina, lo sciopero è proibito dalla legge. Ma i governi locali gestiscono le agitazioni in maniere differenti. ". Il Guangdong ha il suo approccio, mentre Chongqing, con la leadership di Bo Xilai, ne ha uno diverso, basato maggiormente sul controllo sociale" dice Crothall. "Dal mio punto di vista, l'approccio adottato dal Guangdong, che consiste nell'incoraggiare una maggiore partecipazione su base egualitaria delle diverse parti coinvolte per risolvere i conflitti, è quello maggiormente efficace e sano. Ma a livello nazionale, dipende davvero dalla direzione in cui soffia il vento politico. Dal mio punto di vista, non c'è nessuna vera ragione per la quale questo approccio non possa essere adottato in tutta la Cina, necessita solamente di essere applicato in maniera pratica, passo dopo passo, da una fabbrica all'altra, da una città all'altra. Così, si impara dall'esperienza, si migliora il modello, e alla fine, nell'arco di cinque-dieci anni potrebbe diventare quello più adoperato".
Ma la repressione è ancora diffusa: "Penso che ci sia stata una graduale diminuzione nell'impiego di tattiche veramente aggressive. Se si guarda alla situazione di dieci anni fa, quando c'erano moltissime proteste legate alla chiusura di aziende di Stato, i leader di quelle agitazioni sono stati spesso messi in prigione con condanne dai cinque ai dieci anni di detenzione, o anche di più. Non si assiste più molto a questo tipo di risposta. Ogni governo ha il suo metodo: in Guangdong si è assistito a uno sciopero di qualche grandezza praticamente ogni giorno negli ultimi anni e l'amministrazione sa che non si tratta di una gran cosa. Ecco perché quell'amministrazione adotta una politica più morbida, perché deve utilizzare nuove tattiche per gestire la situazione".
Le agitazioni si diffonderanno in altri settori? Ci abitueremo a vedere sempre più lavoratori cinesi sul piede di guerra? "Al momento è ancora insolito assistere a scioperi tra i colletti bianchi, anche se in alcuni settori dei servizi, come ad esempio negli hotel si iniziano a vedere le prime avvisaglie. Penso che a un certo punto questo tipo di attivismo potrebbe diffondersi anche tra gli impiegati, se si riescono a superare i problemi logistici nell'organizzare le proteste.Nel settore dei servizi gli scioperi sono più complicati".
di Antonio Talia
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