di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 27 nov. - Isole artificiali, rivendicazioni territoriali e nuove piattaforme per le esplorazioni nelle basse profondità sono stati gli elementi delle ultime schermaglie per il controllo del Mare Cinese Meridionale. Lo scambio di battute a distanza tra Pechino e Washington sulla sicurezza nelle acque che bagnano la Cina a sud ha segnato lo scorso fine settimana. Un rapporto del gruppo di consulenza IHS Jane's aveva rivelato la costruzione di un'isola artificiale cinese in acque contese con le Filippine, il 22 novembre scorso, ultimo passo di una politica nei confronti dei Paesi vicini da parte di Pechino spesso definita aggressiva da Washington. La risposta al rapporto del gruppo di consulenza era arrivata a distanza di poche ore da un generale dell'esercito cinese noto per le sue posizioni da falco in politica estera, Luo Yuan, che ha definito "giustificabile" la realizzazione dell'isola artificiale, e ha chiesto agli Stati Uniti di rimanere al di fuori delle questioni territoriali cinesi. La polemica sul ruolo della Cina nei mari che bagnano le sue coste meridionali era già rovente: a margine del G20 di Brisbane, in Australia, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva avvertito delle possibilità di una escalation della tensione nei mari della Cina per l'atteggiamento assertivo di Pechino.
Il mix di corsa alle risorse del Mare Cinese Meridionale e rivendicazioni territoriali da parte di Pechino è da tempo un dato di fatto. Più difficile, però, avere dati certi sulle quantità contenute nelle acque che bagnano le coste sud-orientali della Cina e gli Stati del sud-est asiatico. Sono almeno tre le stime in circolazione: secondo la US Energy Information Administration, ammontano a undici miliardi di barili di greggio e a 190mila miliardi di piedi cubi di gas. Secondo uno studio della US Geological Survey sono invece, molte di più: 22 miliardi di barili di petrolio e 290mila miliardi di di piedi cubi di gas. Ancora più ottimistiche le previsioni di Cnooc, gruppo del greggio offshore cinese: 125 miliardi di barili di greggio e 500mila piedi cubi di gas naturale.
Le rivendicazioni cinesi nel Mare Cinese Meridionale sono uno dei motivi per cui le relazioni tra Cina e Stati Uniti, secondo un rapporto della US-China Economic and Security Review Commission, si sono deteriorate nel corso del 2014, assieme alle preoccupazioni destate dalle crescenti spese militari cinesi, che per quest'anno sono previste in aumento del 12,2% rispetto al 2013, a 131,6 miliardi di dollari. La Cina rivendica come proprio territorio circa il 90% del Mare Cinese Meridionale. Le dispute di sovranità, soprattutto con Filippine e Vietnam, sono una costante della "diplomazia periferica" cinese, ovvero la diplomazia con gli Stati della prima fascia di Paesi confinanti o più vicini geograficamente, spesso segnata da forti polemiche: il mese scorso, il governo cinese si era apertamente opposto a un accordo tra India e Vietnam per l'esplorazione di due giacimenti di petrolio nel Mare Cinese Meridionale al largo delle isole Spratly, che la Cina considera proprie e che chiama Nansha.
Le rivendicazioni territoriali cinesi sono andate di pari passo con i lavori per lo sviluppo delle risorse nelle acque del Mare Cinese Meridionale. Negli ultimi mesi, il gruppo statale del greggio offshore, China National Offshore Oil Corporation (Cnooc) ha significativamente aumentato la propria presenza al largo delle coste meridionali cinesi. Nel terzo trimestre del 2014, sono stati nove i progetti di sviluppo di giacimenti offshore nel Mare Cinese Meridionale avviati attraverso piattaforme operate dal gruppo. L'aumento delle esplorazioni ha dato risultati tangibili, stando alle dichiarazioni ufficiali di Cnooc, che nelle ultime settimane ha completato le prime esplorazioni in acque profonde con la piattaforma di Nanhai, ha scoperto un importante giacimento di gas e petrolio al largo delle coste di Bohai, e un altro giacimento di gas nei pressi dell'isola tropicale cinese di Hainan.
Cnooc è stato negli ultimi mesi al centro delle rivendicazioni cinesi nel Mare Cinese Meridionale. Il punto più alto è stato toccato a maggio, quando l'installazione di una piattaforma al largo delle coste di Hanoi aveva provocato violente contestazioni anti-cinesi nel Paese del sud-est asiatico. Da allora, il gruppo del greggio offshore cinese ha espanso le sue mire nella zona, con altre piattaforme. Il 24 novembre scorso, mentre era in corso la polemica con gli Stati Uniti, Cnooc aveva lanciato un altro progetto nel Mare Cinese Meridionale che, a pieno regime, nel 2016, potrebbe fruttare fino a 33mila barili al giorno di greggio. Il controllo del mare è importante anche sotto il profilo commerciale per la Cina: sulle rotte del Mare Cinese Meridionale passano ogni giorno 14 milioni di barili di greggio e la metà del LNG - gas naturale liquefatto - scambiato a livello mondiale, per un giro di affari di circa 5300 miliardi di dollari all'anno.
27 novembre 2014
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