Pechino, 11 nov.- Per gli Stati Uniti d'America il Ventunesimo Secolo è il secolo dell'Oceano Pacifico: il segretario di Stato Usa Hillary Clinton traccia le linee dell'amministrazione Obama per l'Estremo Oriente nel discorso tenuto giovedì all'East-West Center - un think-tank di Honolulu -, proprio alla vigilia del summit Apec (Asia-Pacific Cooperation) che si apre venerdì alle Hawaii.
Al forum partecipano tutte le 21 nazioni dell'area, ma i riflettori sono puntati sulle relazioni tra Washington e Pechino, i due pesi massimi globali che giocano una parte importante della loro complessa relazione proprio sul fronte del Pacifico: "Le sfide della regione richiedono una leadership americana - ha detto Clinton - dalla sicurezza di navigazione nel Mar Cinese Meridionale agli sforzi necessari per contenere le provocazioni e le attività di proliferazione nucleare condotte dalla Corea del Nord, fino alla necessità di promuovere una crescita economica bilanciata".
Mentre l'Europa è sempre più invischiata nel pantano della crisi del debito pubblico, il discorso di Clinton sottolinea una volta di più la progressiva perdita di importanza del versante atlantico: "Ormai è sempre più chiaro che nel Ventunesimo Secolo il centro economico e strategico del mondo si trova nell'area Asia-Pacifico, dal subcontinente indiano alle coste occidentali delle Americhe" ha detto ancora il segretario di Stato Usa.
Nell'incontro con il suo omologo cinese - il ministro degli Esteri Yang Jiechi - Clinton ha sollevato ancora una volta questioni che difficilmente incontreranno il favore del presidente Hu Jintao, giunto alle Hawaii nella mattinata di venerdì: Clinton si è detta preoccupata per le recenti vicende in Tibet, "dove giovani si danno fuoco come atto di disperata protesta" e per il caso dell'attivista cieco Chen Guangcheng, l'avvocato cinese agli arresti domiciliari da mesi, oggetto di violenze da parte della polizia locale, la cui detenzione ha portato a una dura repressione nei confronti di dozzine di dissidenti.
Ma al di là delle dichiarazioni di principio, il vertice Apec è soprattutto un vertice economico: il viceministro delle Finanze cinese Wang Jun ha dichiarato all'apertura del summit che la Cina intende aumentare i consumi interni per sostenere la ripresa delle economie globali. "Abbiamo fatto progressi nel tagliare il nostro surplus commerciale, nella riduzione delle tariffe sulle importazioni e lo yuan si è apprezzato del 30%" ha detto Wang, menzionando alcuni dei temi che hanno prodotto notevoli frizioni economiche tra la Cina e le economie più mature.
Nel corso del colloquio con Yang Jiechi, Hillary Clinton ha dichiarato che contenere l'ascesa cinese "non rientra negli interessi di Washington", ma molti osservatori e analisti cinesi sottolineano le manovre statunitensi per l'allargamento della Trans-Pacific Partnership.
Nato nel 2005, il TPP era all'epoca solamente un oscuro accordo economico siglato tra Brunei, Cile, Nuova Zelanda e Singapore che ha ricevuto un nuovo, inaspettato impulso nel 2008 con l'ingresso degli Stati Uniti, che hanno invitato diverse nazioni della regione a partecipare. Oggi, se il primo ministro nipponico Yoshihiko Noda dovesse dare il via libera all'ingresso del Giappone, la Trans Pacific Partnership potrebbe costituire una piattaforma che esclude la Cina, e si inserisce nella linea di realizzazione di "un network per l'area Asia-Pacifico, simile a quella costituita sul fronte trans-atlantico nel Ventesimo Secolo" tracciata da Hillary Clinton.
"Alcune nazioni dell'area Apec hanno già espresso le loro difficoltà e le loro preoccupazioni per gli obiettivi espressi dagli Stati Uniti - ha detto ai reporter Wu Hailong, assistente del ministro degli Esteri cinese - soprattutto sul fronte dell'abbassamento delle tariffe sui prodotti hi tech per l'ambiente e sulla riduzione delle emissioni inquinanti". Se gli Usa sono alla ricerca di una manovra a tenaglia per contenere il Dragone, insomma, non è detto che la loro presidenza di turno dell'Apec riesca a portare a casa il risultato.
Di sicuro, gli Stati Uniti non sembrano intenzionati a ridurre il loro impegno nell'Oceano Pacifico e puntano anzi a incrementarlo, ad esempio attraverso l'influenza nella complessa partita di rivendicazioni territoriali tra Cina, Vietnam, Filippine e numerose altre nazioni che sta scuotendo il Mar Cinese Meridionale. Solo una delle questioni del "nuovo centro economico e strategico del mondo", dalle quali l'Europa appare sempre più lontana.
di Antonio Talia
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