Roma, 5 ott.- A Tianjin la Cina resta sostanzialmente ferma sulle sue posizioni. Dopo la prima giornata del meeting sul riscaldamento globale dell'Onu in corso nella città portuale cinese, l'ipotesi di un accordo comune tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo sembra allontanarsi sempre di più. Vane sono state anche le parole del segretario esecutivo dell'UNFCCC Christiana Figueres che aveva aperto il vertice proprio incitando i delegati a mettere da parte le differenze in vista del bene comune: "È tempo di lanciare la vostra sfida personale. È nell'interesse di tutti accelerare questo processo al fine di limitari i danni comuni" aveva esordito Figueres. Ma Pechino non ci sta, o meglio non del tutto, e attraverso il consigliere di Stato Dai Bingguo segna i confini del suo impegno: "La Cina si è già addossata la sua parte di responsabilità, ora tocca ai Paesi più industrializzati fare il resto, ponendosi alla guida della lotta al riscaldamento globale e sostenendo le realtà emergenti con tecnologie verdi e con aiuti finanziari" ha sottolineato Dai. Il Dragone resiste quindi alle pressioni dei Paesi più ricchi, che spingono affinché accetti i vincoli sulle emissioni nonostante sia slegato da tali obblighi in quanto nazione in via di sviluppo. La clausola contenuta nel protocollo di Kyoto dei "principi comuni ma differenziati" solleva le economie emergenti da queste responsabilità. "Forse siete impressionati da città come Tianjin, Pechino e Shanghai, ma la Cina non è tutta qui, e tra le regioni orientali e quelle occidentali c'è ancora un forte squilibrio" ha dichiarato Dai. A fargli eco anche Xie Zhenhua, uno dei massimi funzionari del settore climatico, che ha ricordato come la principale sfida di Pechino consista ancora nella lotta alla povertà.
Opposta è invece la posizione dei Paesi più ricchi che vedono l'applicazione della clausola di Kyoto alle realtà cinese e indiana, come una forte ingiustizia. Lo scorso anno il Dragone ha prodotto emissioni per 7,5 miliardi di tonnellate; una quantità che, secondo le nazioni industrializzate, gli avrebbe fatto perdere il suo 'diritto a inquinare'. "Cina e India devono assumersi le proprie responsabilità" ha dichiarato il capo della delegazione dell'Ue Artur Runge –Metzger. "È assolutamente indispensabile che una leadership sia flessibile per essere in grado di raggiungere i compromessi necessari prima di Cancun" ha rilanciato Figueres riferendosi alla Cina.
E se l'incontro di Tianjin era stato presentato come un'occasione per gettare le basi di un possibile accordo in vista del vertice del prossimo mese a Cancun, ora i delegati di entrambi gli schieramenti sembrano concordare solo su una questione: è improbabile durante il summit cinese si arrivi a un'intesa. "Questa settimana, in un certo senso, anticipa la direzione che prenderemo in futuro" ha aggiunto il negoziatore degli Stati Uniti Jonhatan Pershing. Ma nonostante i presupposti si dichiara ottimista Xie Zhenhua: "Adesso sembra le differenze siano enormi, ma resta la speranza di raggiungere il consenso almeno su alcuni punti chiave".
di Sonia Montrella
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