CINA RESPINGE ACCUSE USA CYBERSPIONAGGIO

CINA RESPINGE ACCUSE USA CYBERSPIONAGGIO

Pechino, 4 nov. - "Attacco irresponsabile contro la Cina", così la portavoce del ministero degli Affari Esteri cinese Hong Lei ha bollato la relazione sul cyber-spionaggio resa pubblica giovedì dall'Intelligence statunitense, che accusa Cina e Russia di attività di hacking a discapito della sicurezza e della prosperità dell'Aquila.


Le accuse degli Stati Uniti sono state mosse "senza aver condotto alcuna indagine che ne confermi la fondatezza". " Gli attacchi cibernetici sono transnazionali e anonimi" ha ribattuto Hong sottolineando l'avventatezza e l'irresponsabilità delle dichiarazioni statunitensi.

 

La relazione compilata dall' Office of the National Counterintelligence Executive (ONCIX) accusa i cinesi di essere i più attivi e ostinati cibernauti al mondo a praticare spionaggio economico, con lo scopo di rubare informazioni sensibili in materia commerciale e tecnologica.

 

"Ricerca e sviluppo del nostro Paese sono sotto attacco" recita il rapporto statunitense. A lanciare i primi campanelli di allarme sono state alcune compagnie americane che hanno registrato una massiccia attività di spionaggio tra il 2009 e il 2011, il cui punto di origine è proprio la Cina; tuttavia le agenzie di intelligence non sono in grado confermare l'identità degli autori dei presunti attacchi: "Potrebbe trattarsi di attività promosse dal governo, da agenzie di spionaggio, da corporazioni private o da singoli individui" , si legge nel rapporto, "ma è tipico delle politiche nazionali cinese e russa provare a rintracciare informazioni segrete di cui hanno bisogno per il proprio sviluppo interno, modus operandi che invece non appartiene alla politica americana".

 

Le informazioni 'rubate' riguardano tecnologia militare e civile,  i settori della comunicazione e l'industria farmaceutica, aree di ricerca e sviluppo per cui gli Stati Uniti, secondo i dati della National Science Foundation, hanno speso 398 milioni di dollari (circa 280 milioni di euro) solo nel 2008; è difficile però riuscire a determinare l'ammontare delle perdite a seguito degli attacchi cibernetici subiti tra il 2009 e il 2011 che hanno colpito compagnie private e statali, agenzie governative, università e altre istituzioni.

 

L'acceso scontro commerciale in corso tra Stati Uniti e Cina nelle ultimi mesi si è espanso su un nuovo territorio, i cui prodromi risalgono ad una tesa seduta di inizio ottobre presso la Camera dei Rappresentanti a Washington, in cui il deputato Mike Rogers - presidente della commissione intelligence - aveva riferito di continui tentativi cinesi per sottrarre agli USA segreti commerciali online, sostenendo che gli attacchi cibernetici "sono ormai giunti a un livello intollerabile".

 

Il caso più eclatante è sicuramente quello di Google, che nel gennaio del 2010 accusò Pechino di un'ondata di attacchi informatici sferrata su reti di società e account email: l'accusa diede il via a un lungo braccio di ferro che culminò nella decisione del colosso di Mountain View di dirottare gli utenti cinesi sulla versione di Hong Kong del motore di ricerca, al fine di non sottostare più alla censura imposta dal governo cinese sul web. Una mossa che ha ottenuto solamente un effetto di immagine, in quanto i contenuti sgraditi alla Cina risultano comunque irraggiungibili. Nel maggio scorso, inoltre, il ministero della Difesa di Pechino aveva ammesso di aver schierato nel cyberspazio un intero squadrone militare allo scopo di migliorare le capacità difensive dell'Esercito popolare di liberazione (PLA) e prevenire gli attacchi esterni al suo network.

 

di Bianca Lazzaro