CINA PRIMO INVESTITORE ALL'ESTERO NEL 2020

Di Eugenio Buzzetti

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Pechino, 26 giu. - La Cina diventerà entro il 2020 il primo Paese al mondo per investimenti all'estero quasi triplicando il valore dei suoi asset a livello globale, attualmente a quota 6400 miliardi di dollari, fino a portarlo a ventimila miliardi. E' il risultato di una ricerca condotta dalla società americana di ricerca Rhodium Group e dal Mercator Institute di Berlino, specializzato negli studi sulla Cina, secondo cui nei prossimi anni una parte crescente degli investimenti cinesi sarà diretta ai mercati sviluppati dell'Occidente, comprendendo sia i processi di fusioni e acquisizioni che la fondazione di start-up.
 
Il processo di crescita degli investimenti cinesi è inarrestabile. La prima ondata di investimenti cinesi in Europa è già arrivata, superando la quota di cento miliardi di dollari all'anno ed è il risultato del processo di trasformazione degli investimenti cinesi stessi, focalizzati ora sulle tecnologie e sui brand industriali dei Paesi industrializzati, più che sull'accumulo di risorse provenienti dai Paesi in via di sviluppo. Il tutto è avvenuto in poco più di un decennio, in cui gli investimenti delle aziende cinesi sono passati da volumi trascurabili nel 2000 a superare i 14 miliardi di dollari lo scorso anno, con particolare interesse verso i settori dell'energia, dell'automotive, dell'agro-alimentare e dell'immobiliare.
 
I paesi dell'Unione Europea, secondo lo studio congiunto dei due istituti, rappresenta un "test case per una nuova era di capitali cinesi" all'estero. "La Cina è chiaramente diversa da altri Paesi con significativi Ofdi asset in Europa - scrivono i ricercatori - Caratteristiche come le dimensioni, la crescita e la complementarità dell'economia cinese creano opportunità uniche per l'Europa. Allo stesso tempo alcune specifiche preoccupazioni relative alla natura del sistema politico ed economico della Cina, come i sussidi, il sistema politico autoritario e la mancanza di apertura agli investimenti diretti in Cina creano sfide particolari".
 
Al di là delle preoccupazioni, gli investimenti cinesi trasformeranno l'Europa, secondo lo studio condotto dai due istituti, e i Paesi dell'Unione dovranno attrezzarsi per riceverli, con tre importanti misure: le riforme strutturali per assicurarsi di essere competitivi nei confronti delle altre economie avanzate, un ripensamento generale della politica di attrazione degli investimenti, e la capacità di difendere i principi di apertura contro "reazioni populiste e locali". Per fare fronte a queste necessità, conclude lo studio, che esce a pochi giorni dall'arrivo in Europa del primo ministro cinese, Li Keqiang per partecipare al summit tra Cina e Unione Europea di Bruxelles, occorre, come "priorità più alta", concludere un "robusto trattato bilaterale sugli investimenti" e trovare una linea comune sui lenti progressi delle riforme di apertura del mercato promesse da Pechino. Infine, occorre accelerare il dibattito su un meccanismo di coordinamento di "security review" all'interno dell'Europa per mitigare potenziali fattori di rischio.

26 giugno 2015

 

 

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