CINA PERDE APPELLO WTO CONTRO UE E GIAPPONE SU ACCIAIO
Pechino, 15 ott. - La Cina si dice "profondamente rammaricata" per la sconfitta in un appello all'Organizzazione Mondiale del Commercio sui dazi anti-dumpng per i tubi in acciaio inossidabile importati dal Giappone e dall'Unione Europea e promette di "gestire in maniera appropriata" il caso in base alle direttive del Wto. Lo ha reso noto oggi il Ministero del Commercio di Pechino. Secondo i dati dell'International Trade Date Center, nel 2008, al picco delle esportazioni, l'Unione Europea vendeva alla Cina prodotti per un totale di 283 milioni di dollari, e il Giappone per 224 milioni di dollari: quattro anni dopo, le esportazioni giapponesi ed europee, combinate, valevano meno di 80 milioni di dollari.
A essere particolarmente colpite dai dazi cinesi sui tubi in acciaio inossidabile sono state aziende come la giapponese Nippon Steel & Sumitomo Metal, la spagnola Tubacex e la tedesca Salzgitter AG. L'Unione Europea ha accolto la decisione del Wto come una sentenza di "importanza sistemica" che "mette di nuovo in luce i limiti delle indagini a difesa del commercio della Cina". Soddisfazione anche da parte degli esportatori giapponesi, che nel 2014 hanno esportato tubi in acciaio inossidabile per 190 milioni di dollari, il 74% dei quali diretti in Cina, anche se per gli analisti, il verdetto del Wto non servirà a riportare le esportazioni ai livelli di sette anni fa, a causa del sensibile indebolimento della domanda interna cinese. Pechino è alle prese con il rallentamento dell'economia, che viaggia oggi ai ritmi più bassi degli ultimi 25 anni, verso una crescita, comunque ragguardevole, del 7% o di poco inferiore, entro fine 2015. I prossimi dati sulla crescita cinese sono attesi per lunedì prossimo.
I contenziosi tra Cina e Unione Europea in sede Wto hanno visto di recente Pechino e Bruxelles divise sulle terre rare. Lo scorso anno, il Wto aveva deciso in favore di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone contro le quote di alle esportazioni di terre rare decise da Pechino nel 2010, formalmente come misura anti-inquinamento. Le limitazioni al commercio avevano messo in difficoltà le aziende occidentali e giapponesi che realizzano prodotti con le terre rare, elemento essenziale, per esempio, per la produzione di dispositivi mobili, come smartphone e tablet, o per l'industria automobilistica. La quota per le esportazioni di terre rare è stata definitivamente cancellata dalla Cina all'inizio di quest'anno e sostituita con una licenza che i produttori dovranno ottenere per potere esportare i materiali.
15 OTTOBRE 2015
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