Cina e Giappone, prove di unione monetaria
ADV
ADV
Cina e Giappone, prove di unione monetaria

Cina e Giappone, prove di unione monetaria

MACROFINANZA
di lettura
Proprio il giorno di Natale è stato annunciato un accordo fra Cina e Giappone per regolare gli scambi commerciali bilaterali nelle rispettive monete nazionali, invece che in dollari. L'accordo si può considerare di portata storica, non solo perché il controvalore complessivo degli scambi in questione è ammontato nel 2011 a ben 340 miliardi di dollari, ma anche perché risulta funzionale al piano cinese di costituzione di una Banca centrale asiatica che coinvolga i Paesi membri dell'Asean (il piano è stato rivelato dall'agenzia di stampa Reuters il 27 ottobre scorso).
Nell'ambito di tale progetto, l'accordo cino-gipponese costituisce il perno di una politica volta a liberare i Paesi asiatici dal vincolo delle riserve in dollari, che negli ultimi anni si è andato rivelando sempre più oneroso per queste economie: in particolare, nel corso del 2011, a causa dell'esplosione della crisi del debito sovrano in molti Paesi dell'area dell'euro, che ha provocato il drenaggio di enormi quantità di dollari. La rupia indiana, per esempio, a causa di ciò, ha perso lo scorso anno oltre il 15% contro la valuta americana. Proprio a questo riguardo, è significativo l'accordo raggiunto la settimana scorsa tra Giappone e India, avente ad oggetto un currency swap da 15 miliardi di dollari. Per altro, negli ultimi mesi Cina e Giappone hanno stilato accordi di questo genere con molti Stati asiatici, tra cui in particolare quelli appartenenti all'Asean - a testimonianza di rapporti valutari sempre più stretti con questi Paesi.
Grazie ad accordi di questo tipo, i due giganti del continente riducono le proprie riserve in dollari, mentre gli altri Stati asiatici hanno modo di reperire moneta americana a condizioni più vantaggiose, con l'effetto finale di realizzare così un'integrazione valutaria reciproca sempre più stretta. Si può, pertanto, dire che a Natale sia stato compiuto il primo atto di concepimento di una nuova entità valutaria, idonea a dare vita al terzo polo monetario, a fianco di Stati Uniti ed area dell'euro.
L'impatto che ciò potrebbe avere sul dollaro come moneta di riserva internazionale è immenso, poiché vi sarebbero riuniti i primi due detentori mondiali di riserve in questa valuta, per un valore complessivo superiore ai 4mila miliardi di dollari, pari a circa il 27% del Pil americano nel 2011.
Sul fatto che questo sia il sentiero lungo il quale correrà l'economia mondiale non ci sono praticamente dubbi, poiché sempre più espliciti si succedono atti e dichiarazioni che ribadiscono l'intenzione dei maggiori Paesi asiatici, Russia compresa, a liberarsi dal giogo del signoraggio monetario degli Stati Uniti. Resta, però, da capire quando potrebbe avvenire un simile cambio di equilibri e, soprattutto, che cosa ci si deve attendere già nel 2012.
Considerata la rapidità con cui si sono succedute negli ultimi tre mesi le iniziative in questo senso, un'ottica che rinviasse in un futuro ancora lontano questo passaggio sarebbe probabilmente sbagliata. Come minimo, c'è da attendersi nel corso dell'anno un'emersione sempre più chiara degli sviluppi di questo processo e, di conseguenza, effetti significativi sul valore del dollaro e dell'oro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

07/01/2012
ADV