Cina e Brasile accumulano riserve
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Cina e Brasile accumulano riserve

Cina e Brasile accumulano riserve

Parla l'economista Barbieri: i paesi in via di sviluppo continuano ad accrescere gli stock
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C'è qualcuno che specula sulle valute? «Ovviamente sì», risponde Riccardo Barbieri ex capo economista di Bank of America ed ora consulente per una serie di hedge fund. «Se si allude alle operazioni dei trader o degli hedge fund è naturale che questi investitori stiano speculando o al ribasso su euro e dollaro o al rialzo sulla valuta giapponese o australiana o neozelandese». Che lo stiano facendo è, infatti, nelle cose e nei numeri della Commodity futures trading Commission.
C'è forse un nuovo George Soros, come quello che speculò nel 1992 su lira e sterlina? «Erano altri tempi, altri mercati e soprattutto c'erano allora i cambi fissi – precisa Barbieri –. Oggi quegli attacchi non sarebbero possibili. Li abbiamo visti anche nel 2001 sulla lira turca, ma sono impensabili su dollaro, euro o yen». Probabilmente anche il mercato delle valute è molto meno influenzabile, viste le enormi dimensioni. Barbieri fa notare come buona parte dei volumi non sia opera degli hedge fund o dei fondi pensione, la cui attività s'è semmai ridotta con la crisi, ma delle banche centrali, il cui ruolo è diventato sempre più determinante. «Queste muovono flussi ingenti e si comportano per lo più come veri investitori. E sebbene gli interventi diretti sul mercato dei cambi, specie da parte della Fed o della Bce, siano piuttosto rari, è il ruolo delle banche centrali dei paesi emergenti o, meglio di Cina, Brasile, Giappone e Corea che determina buona parte dei movimenti». Non a caso le riserve cinesi sono raddoppiate in tre anni a 2.400 miliardi di $, quelle giapponesi sono passate da 404 a 993 miliardi e in Brasile da 122 a 247. «Le banche centrali gestiscono ormai in maniera attiva questo denaro e più accumuleranno riserve, più vedremo significativi movimenti di lungo periodo sui cambi», aggiunge Barbieri.
Par di capire che sarà il dollaro a soffrire maggiormente. «Sì», risponde l'economista, soprattutto se s'immagina un mondo ideale di fluttuazioni libere, senza interventi delle banche centrali. «In quel caso le valute di Cina, Russia o Brasile si rafforzeranno sul dollaro e alla fine la valuta Usa perderebbe anche sull'euro». A meno di una nuova crisi sui debiti sovrani. Ma se davvero ci fosse un default in Europa, conclude Barbieri, «credo che sarebbe il paese in fallimento a dover lasciare l'euro; non certo che lo faccia la Germania».

12/09/2010
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