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C'è forse un nuovo George Soros, come quello che speculò nel 1992 su lira e sterlina? «Erano altri tempi, altri mercati e soprattutto c'erano allora i cambi fissi – precisa Barbieri –. Oggi quegli attacchi non sarebbero possibili. Li abbiamo visti anche nel 2001 sulla lira turca, ma sono impensabili su dollaro, euro o yen». Probabilmente anche il mercato delle valute è molto meno influenzabile, viste le enormi dimensioni. Barbieri fa notare come buona parte dei volumi non sia opera degli hedge fund o dei fondi pensione, la cui attività s'è semmai ridotta con la crisi, ma delle banche centrali, il cui ruolo è diventato sempre più determinante. «Queste muovono flussi ingenti e si comportano per lo più come veri investitori. E sebbene gli interventi diretti sul mercato dei cambi, specie da parte della Fed o della Bce, siano piuttosto rari, è il ruolo delle banche centrali dei paesi emergenti o, meglio di Cina, Brasile, Giappone e Corea che determina buona parte dei movimenti». Non a caso le riserve cinesi sono raddoppiate in tre anni a 2.400 miliardi di $, quelle giapponesi sono passate da 404 a 993 miliardi e in Brasile da 122 a 247. «Le banche centrali gestiscono ormai in maniera attiva questo denaro e più accumuleranno riserve, più vedremo significativi movimenti di lungo periodo sui cambi», aggiunge Barbieri.
Par di capire che sarà il dollaro a soffrire maggiormente. «Sì», risponde l'economista, soprattutto se s'immagina un mondo ideale di fluttuazioni libere, senza interventi delle banche centrali. «In quel caso le valute di Cina, Russia o Brasile si rafforzeranno sul dollaro e alla fine la valuta Usa perderebbe anche sull'euro». A meno di una nuova crisi sui debiti sovrani. Ma se davvero ci fosse un default in Europa, conclude Barbieri, «credo che sarebbe il paese in fallimento a dover lasciare l'euro; non certo che lo faccia la Germania».
12/09/2010
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