Pechino, 25 mar. - È ancora presto per affermare che si stiano formando due schieramenti contrapposti, ma la mossa di Google ha già suscitato numerose reazioni nel panorama delle telecomunicazioni cinesi: secondo quanto riportato da alcuni media nazionali e stranieri, China Unicom - il numero due della telefonia mobile nazionale - è sul punto di rimuovere la funzione di ricerca Google dai cellulari con tecnologia Android, distribuiti in tutto il paese. Si tratta del primo significativo abbandono da quando, martedì scorso, la compagnia di Mountain View ha deciso di aggirare i filtri vigenti sul web cinese, reindirizzando il traffico del sito Google.cn sulla versione di Hong Kong. La misura finora non ha registrato grandi effetti pratici: nonostante l'ex colonia inglese rientrata sotto l'ala della Cina nel 1997 goda di una notevole autonomia anche sul fronte della libertà di stampa, i risultati censurati dal governo di Pechino continuano ad essere massicciamente filtrati anche dopo il reindirizzamento a Google.com.hk. Quanto pesa il blocco di China Unicom? Nel 2009 la società ha registrato una perdita del 72% nei profitti netti, in parte causata dall'entrata nel business dei cellulari di terza generazione e, anche se punta a conquistare 10 milioni di nuovi consumatori entro l'anno, gli abbonamenti hanno riportato una decisa flessione negli ultimi mesi. Molti osservatori del mercato telefonico, inoltre, sostengono che l'abbandono della partnership con Google potrebbe determinare ulteriori perdite per China Unicom; la decisione, quindi, potrebbe anche prestarsi a qualche interpretazione di segno politico. Ma quella con China Unicom non è l'unica collaborazione tramontata in questi giorni; il portale www.tom.com , di proprietà del miliardario hongkonghese Li Ka-Shing, patron dei magazzini Watsons e Marionnaud, ha annunciato lo stop ai servizi di ricerca Google: "La nostra politica consiste nel lavorare con società che rispettano la legge" ha dichiarato in un laconico comunicato la vicepresidente di Tom Online, Elaine Feng. Nel frattempo, dall'altra parte del Pacifico si registrano i primi appoggi concreti alla scelta di Google: la compagnia internet GoDaddy.com, leader nella registrazione dei domini web, ha manifestato la volontà di chiudere le sottoscrizioni che arrivano dal Paese di Mezzo, pur continuando a gestire i siti web .cn per i clienti già registrati. Il consigliere generale del gruppo, Christine Jones, ha espresso ieri una posizione molto dura nel corso di un'audizione davanti alla commissione del Congresso USA che si occupa di diritti umani in Cina: "Riteniamo che molti degli attuali abusi su internet che partono dalla Cina siano da attribuire alle mancanze del governo cinese. Nella nostra esperienza, la Cina si concentra maggiormente nell'utilizzare internet per controllare le legittime attività dei suoi cittadini, invece che per punire coloro che commettono crimini connessi all'utilizzo della Rete". Il caso Google contro Cina era scoppiato nel gennaio scorso, dopo la denuncia da parte di Google di una serie di sofisticati attacchi hacker originati dal territorio cinese, volti a sottrarre il know-how di una trentina di compagnie statunitensi e alla violazione delle caselle email di alcuni attivisti politici cinesi. Con il reindirizzamento verso Google.com.hk, la compagnia californiana ha dato seguito alla minaccia di sbloccare i contenuti filtrati dalla leadership cinese, una mossa che è stata subito bollata come "sbagliata" e "contraria alla legge" dal governo di Pechino. Il Dragone ha sempre negato qualsiasi responsabilità negli atti di pirateria informatica, e la stampa cinese ha accusato ripetutamente gli USA di aver creato una "brigata hacker" per fomentare disordini in giro per il mondo, come nel caso delle rivolte scoppiate in Iran. "Quando si tratta di valori, Google non è certo una verginella - si legge in un editoriale pubblicato ieri dal quotidiano ufficiale China Daily -, la sua cooperazione con le agenzie di intelligence statunitensi è cosa nota". Anche se in molti stanno cercando di riportare la calma nelle relazioni sino-americane - già messe a dura prova da questioni come l'apprezzamento dello yuan o l'incontro tra Barack Obama e il Dalai Lama - sul fronte del web le posizioni dei due colossi sembrano inconciliabili. E, presto, altre compagnie potrebbero scegliere da quale parte stare.
Altri articoli correlati:
GOOGLE PASSA AD HONG KONG, PECHINO COLPISCE http://www.agichina24.it/repository/categorie/in-primo-piano/tecnologie/notizie/google-passa-ad-hong-kong-pechino-colpisce
CRONISTORIA SCHERMAGLIE CINA-USA http://www.agichina24.it/focus/notizie/cronistoria-delle-schermaglie-cina-usaGIÀ DECISA DATA DI CHIUSURA?http://www.agichina24.it/repository/categorie/in-primo-piano/lente-di-ingrandimento/notizie/giagrave-decisa-data-di-chiusura
GOOGLE PRONTO A ELUDERE CENSURA http://www.agichina24.it/repository/categorie/in-primo-piano/lente-di-ingrandimento/notizie/google-pronto-br-/a-eludere-censurabr-/br-
E'