Pechino, 27 lug.- La smentita è secca: la China Banking Regulatory Commission, l'authority bancaria di Pechino, ha negato che il debito contratto dai governi locali cinesi attraverso le cosiddette Local Investment Companies sia a rischio. "I rischi possono essere contenuti attraverso alcune misure per garantire il ripagamento – si legge nel comunicato ufficiale- e tutti questi prestiti sono sostenuti da collateral e garanzie". La vicenda era scoppiata lunedì scorso in seguito allo scoop pubblicato da New Century, settimanale in lingua cinese edito dal gruppo Caixin, che in passato si è sempre distinto per inchieste economiche controcorrente: secondo l'articolo, che citava un rapporto interno della CBRC, circa il 23% dei 7660 miliardi di yuan (875 miliardi di euro) prestati dagli istituti di credito cinesi alle Local Investment Companies è "a grave rischio di default"; inoltre, solo il 27% dei progetti lanciati dai governi locali cinesi starebbe generando gli utili necessari per ripianare i debiti contratti, mentre per il restante 50% le banche saranno costrette a esigere gli asset presentati dalle amministrazioni a garanzia dei prestiti.
Per comprendere appieno la portata della notizia bisogna fare un passo indietro e addentrarsi nella dinamica che nell'ultimo anno ha portato alla ribalta le Local Investment Companies: l'ormai celeberrimo stimulus package da 4mila miliardi di yuan è stato varato dal governo centrale per fronteggiare la crisi globale nel novembre 2008, con scadenza alla fine del 2010. Attenzione però: solo 1180 miliardi sono forniti effettivamente da Pechino, mentre il resto ricade sulle spalle di governi locali come province, contee, municipalità, eccetera. Il pacchetto straordinario, inoltre, è solo parte di una più ampia rete di misure economiche che era stata prevista prima dello scoppio della crisi, e che ammonta a circa 20mila miliardi di yuan. Come stanno facendo le amministrazioni locali, molte delle quali si trovano in situazione di deficit e che per legge non possono raccogliere finanziamenti oltre un certo limite, a onorare gli impegni? La norma è stata aggirata con la creazione delle Local Investment Companies: si tratta di agenzie semipubbliche i cui rappresentanti sono quasi sempre gli stessi funzionari che guidano l'ente locale. Una volta costituita la propria LIC, il governo locale emette dei bond o si presenta alle banche fornendo come garanzia il più importante asset in suo possesso: la terra, che, notoriamente, in Cina è proprietà dello Stato,e ottiene in cambio dei fondi per la realizzazione di progetti immobiliari e infrastrutture. Si stima che nell'ultimo anno siano sorte più di 8mila LIC, ma l'effettiva mole di fondi ottenuta con questo sistema è oggetto di dibattito. "Possiamo ipotizzare che il problema sia effettivamente più grave rispetto alle valutazioni iniziali – ha dichiarato Michael Pettis, professore di Finanza alla Peking University di Pechino ed ex responsabile per i mercati emergenti di Bear Sterns & Co.- e che altri problemi sorgeranno nei prossimi mesi". "Tutti i governi locali hanno bisogno di finanziamenti- ha detto oggi in un'intervista a Bloomberg Television Guan Jian Zhong, presidente di Dagong Global Credit Rating Co., la prima agenzia di rating cinese- e presentano una forte propensione alla richiesta di prestiti, facendo contemporaneamente di tutto per nascondere i rischi. Per svelare quali rischi occultano, si avverte sempre di più il bisogno di un sistema di rating veramente affidabile".
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