Pechino, 16 nov. - Il Dragone critica il dollaro. La politica di bassi tassi d'interesse adottata dalla Federal Reserve, combinata con un biglietto verde debole, "sta aumentando notevolmente le speculazioni tanto sul mercato azionario che nel settore delle proprietà e porrà nuovi, concreti e insormontabili pericoli per la ripresa mondiale, in particolare quella dei paesi emergenti": lo ha dichiarato ieri Liu Mingkang, presidente della China Banking Regulatory Commission, la principale authority bancaria cinese. "La situazione ha già avuto un massiccio impatto sui prezzi globali delle risorse" e ha incoraggiato "un enorme carry trade sul dollaro" ha detto ancora il direttore dell'authority di Pechino, riferendosi alla pratica speculativa attraverso la quale si prende a prestito del denaro in paesi con bassi tassi d'interesse per poi cambiarlo in valute di nazioni caratterizzate da un maggiore rendimento degl'investimenti. Si tratta di una posizione molto ruvida, assunta giusto a ridosso dell'arrivo del presidente degli Stati Uniti Barack Obama a Shanghai. Il problema dei tassi di cambio delle valute internazionali si conferma come uno dei più acuti punti di frizione tra Cina e resto del mondo: il meeting APEC a Singapore, che riunisce i 21 paesi dell'Asia- Pacific Economic Cooperation, si chiudeva nelle stesse ore con un comunicato congiunto dal quale era stata rimossa una frase relativa alla desiderabilità di "tassi di cambio basati sul mercato", pare proprio su insistenza del Dragone, e lo stesso presidente Hu Jintao ha ignorato la questione in entrambi i suoi discorsi al forum. Ma se per Pechino sul banco degli imputati ci sono la Fed e il dollaro, le parole di Liu Mingkang giungono anche in un momento in cui lo yuan e la politica monetaria cinese attraggono critiche da più parti; il capo del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn ha dichiarato domenica che un renminbi più forte "fa parte delle riforme di cui la Cina necessita per aumentare i consumi interni e contribuire a risolvere gli sbilanci globali". Lo yuan, che non è convertibile e il cui valore viene fatto fluttuare in accordo con un paniere di valute (di cui il dollaro costituisce la più pesante), viene ritenuto sottostimato tanto dagli Stati Uniti che dall'Unione Europea, con quest'ultima che ha tutto da perdere da un paso-doble al ribasso giocato tra dollaro e renminbi. Dall'altra parte della barricata Pechino, che rappresenta il primo creditore mondiale degli Usa, ha polemizzato con gli americani dall'inizio della crisi globale tanto sulle politiche fiscali che proprio sulla stabilità del biglietto verde. La questione sarà uno dei punti più impegnativi del viaggio di Barack Obama, in procinto di incontrare a Pechino il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao.