Caso Wang Lijun: il mistero della lettera

di Antonio Talia
Pechino, 10 feb.- Ancora un colpo di scena nella vicenda di Wang Lijun: l'alto funzionario cinese che nella notte tra martedì e mercoledì si è rifugiato in una sede diplomatica Usa, forse alla ricerca di asilo politico, avrebbe lasciato una lettera per spiegare la sua decisione.
Il messaggio - di cui è impossibile provare l'autenticità - è stato diffuso dalla celebre sociologa Li Yinhe e contiene un attacco diretto a Bo Xilai, il segretario del Partito Comunista della città di Chongqing di cui Wang è stato il braccio destro fino a poco tempo fa, in quella campagna anticorruzione che ha reso l'ambizioso Bo talmente popolare da proiettarlo verso un seggio al Comitato Permanente, il Gotha del Partito Comunista Cinese.
La lettera demolisce l'immagine d'incorruttibile neomaoista che Bo Xilai ha cercato di costruirsi nel corso della sua carriera: "Bo ha la reputazione di essere giusto e onesto, ma è corrotto fino al midollo e sta diventando disgustosamente ricco".
La confessione di un uomo allo stremo, o il tentativo d'inquinare le acque del caso politico più sensazionale degli ultimi anni? Secondo esperti come Joel Martinsen di Danwei, importante osservatorio sui media cinesi, la lettera è da considerarsi "falsa fino a prova contraria".
Ma anche se si tratta di un falso per screditare Bo Xilai, il messaggio aggiunge elementi a una vicenda che può condizionare gli equilibri del potere in Cina, e anche alimentare nuove tensioni nei rapporti tra Washington e Pechino.
Dopo la confusione delle prime ore, tanto le autorità Usa che quelle cinesi hanno ammesso che Wang Lijun ha trascorso un'intera giornata al consolato americano di Chengdu. Secondo gli statunitensi, se n'è andato "di sua spontanea volontà". Il superpoliziotto cinese ha davvero chiesto asilo politico agli Usa? Che cosa ha potuto rivelare in 24 ore ai funzionari americani? Washington ha scelto di riconsegnarlo alle autorità cinesi?
COME SI ACCOGLIE UN RIFUGIATO POLITICO
"Se davvero Wang Lijun si è presentato al consolato Usa chiedendo asilo politico, a mio avviso gli americani sono stati tutt'altro che contenti di trovarselo davanti" racconta ad AgiChina24 una fonte diplomatica.
Contrariamente a quanto si pensa abitualmente, ambasciate e sedi consolari non godono dell'extraterritorialità: il consolato di Chengdu è suolo cinese, al quale il governo rinuncia per necessità funzionale. Può sembrare una sottile questione giuridica, e invece nel caso di Wang Lijun ha precisi risvolti pratici che plausibilmente hanno fatto trascorrere ore convulse ai funzionari Usa in servizio a Chengdu nella notte tra martedì e mercoledì.
Ore in cui era necessario interrogare il superpoliziotto cinese per capire le ragioni della sua presenza e se potesse rivestire lo status di rifugiato politico, raccogliere quante più informazioni possibile, e allo stesso tempo intavolare un negoziato con le forze dell'ordine cinesi, che avrebbero avuto il diritto di fare irruzione in ogni momento. Una nottata a nervi tesi, a rischio incidente diplomatico.
"La nostra procedura prevede una trattativa con il Paese di accreditamento, questa persona deve lasciare il territorio e quindi avere un salvacondotto. Quindi è tecnicamente impossibile farla fuggire senza un accordo perché banalmente -a meno che non si riesca a farlo di nascosto- appena sei fuori dalla sede diplomatica, vieni arrestato " spiega la nostra fonte.
"È plausibile che gli Usa abbiano una procedura interna per questi casi, che però ovviamente non rendono nota. Basti pensare allo scrittore Liu Jie, che è da poco riuscito ad espatriare in America. Ma quella di Wang Lijun è una situazione molto diversa".
Su quanto è veramente successo dentro il consolato di Chengdu si possono fare solo delle ipotesi. Com'è possibile che gli americani si siano trovati una simile patata bollente proprio a pochi giorni da una visita importante come quella del vicepresidente Xi Jinping a Washington?
"Possiamo solo immaginarlo. Se Wang Lijun ha deciso improvvisamente di chiedere asilo politico agli Usa, senza contatti precedenti, può darsi che abbia chiesto un appuntamento con una scusa. Gli americani lo accolgono, pensando a un normale colloquio di cooperazione. E invece Wang cambia le carte in tavola, vuota il sacco sulle sue reali intenzioni, e quelli si trovano improvvisamente in una situazione estremamente scottante, con la polizia che circonda la sede diplomatica. Di sicuro, chi fa una mossa del genere, è disperato".
Un negoziato durato ore, che si conclude con la consegna di Wang Lijun alla polizia cinese. "In un altro momento politico, sarebbe potuta finire diversamente –conclude la nostra fonte- e magari gli americani non avrebbero rinunciato a rifilare qualche colpetto ai cinesi. Ma con il viaggio di Xi Jingping in America alle porte, Wang Lijun, a mio avviso, era spacciato".
In sole ventiquattrore il superpoliziotto cinese sembra aver riportato indietro le lancette di decenni, ai tempi in cui i blocchi divisi dal Muro cercavano di soffiarsi sotto il naso quei funzionari disposti a passare dall'altra parte.
Ma Stati Uniti e Cina sono legate da una relazione ancora più complessa di quella che contrapponeva Washington a Mosca, al posto della cortina di ferro oggi c'è un muro di bit, e internet gioca un ruolo determinante in tutta la vicenda. Se gli ingredienti di questa storia fanno pensare alla Guerra Fredda, allora si tratta di una contrapposizione dai contorni completamente nuovi.
EQUILIBRI DI POTERE IN BILICO
Ma mentre analisti ed esperti guardano agli effetti sul viaggio di Xi Jinping a Washington, i cinesi si interrogano sul futuro di Bo Xilai: la corsa politica del 2012 è cominciata con un intrigo che aprirà la strada a nuove purghe politiche?
"Il caso di Wang è destinato ad avere un enorme impatto sulle decisioni del Diciottesimo Congresso del Partito Comunista, che a ottobre ridefinirà l'architettura politica del Paese. Credo che questa vicenda possa cambiare gli equilibri del potere in Cina" dice ad AgiChina24 Suisheng Zhao, professore di Scienze Politiche e direttore del Centro per la Cooperazione Cina-Usa dell'università di Denver.
"Bo Xilai e Wang Lijun si sono fatti una marea di nemici a Chongqing, nel tentativo di sbarazzarsi degli uomini del rivale politico di Bo Xilai, Wang Yang" spiega il professo Zhao. Wang Yang, attualmente segretario del Partito nella provincia del Guangdong è visto come l'antagonista naturale di Bo Xilai nello scontro che si concluderà il prossimo ottobre per un seggio al Comitato Permamente. "Nel combattere i gangster, Bo Xilai ha utilizzato metodi da gangster. E ci sono anche grossi dubbi su di lui, ci si interroga sulla sua onestà. Finora i 'progressisti' di Wang Yang sembravano aver perso potere, ma se il caso Wang Lijun si espandesse potrebbe gettare nuove luci sul lato oscuro della campagna di Bo Xilai".
ARTICOLI CORRELATI
GOVERNO: IL FUGGIASCO WANG ERA AL CONSOLATO USA
TRA CINA E USA SCOPPIA IL "CASO WANG LIJUN"
©Riproduzione riservata