Pechino, 16 feb.- Il caso di Chen Guangcheng si arricchisce di un nuovo, vergognoso capitolo (questo articolo): diversi giornalisti stranieri che negli ultimi giorni hanno tentato di raggiungere l'abitazione dell'attivista per i diritti umani - agli arresti domiciliari da qualche mese - sono stati trattenuti e minacciati da gruppi di uomini in borghese che circondano l'abitazione giorno e notte. Domenica scorsa una dozzina di uomini armati di mattoni hanno circondato i corrispondenti di Radio France Internationale, Le Monde e Nouvel Observateur, li hanno minacciati, e hanno requisito loro un tesserino giornalistico e una memory card.
Lunedì anche i giornalisti del New York Times sono stati coinvolti in un incidente simile e - anche se la notizia non è stata ancora confermata - gli uomini in borghese avrebbero danneggiato la loro auto e l'equipaggiamento fotografico. "Il nostro reporter e il fotografo non hanno riportato danni fisici" ha dichiarato la portavoce del NYT Danielle Rhoades Ha. "Si tratta di gruppi di contadini che vengono pagati per svolgere questi compiti" ha dichiarato Stephane Lagarde, il giornalista di Radio France Internationale coinvolto nell'episodio. Gli uomini si sono presentati come un "gruppo incaricato di mantenere l'ordine e la sicurezza nel villaggio": dopo aver minacciato i tre reporter francesi, hanno tentato di impossessarsi delle loro borse e hanno sottratto loro le chiavi dell'auto per perquisirla. "Non abbiamo risposto alla violenza in nessuna occasione" ha dichiarato Ursula Gauthier del Nouvel Observateur. Una volta raggiunto il commissariato di polizia, i tre si sono visti rifiutare la denuncia che intendevano sporgere sull'accaduto, pur avendo ottenuto l'apertura di un'inchiesta sulla sparizione del tesserino giornalistico. "È impossibile che la polizia abbia reclutato dei cittadini per minacciare la gente - ha dichiarato un funzionario del commissariato locale - i giornalisti sono liberi di andare a intervistare Chen quando lo ritengono opportuno".
Chen è un avvocato autodidatta che ha portato alla luce le procedure di sterilizzazione e aborto forzato che vengono praticate in alcune aree della Cina per rispettare la politica del figlio unico. Nel 2006 è stato condannato a 4 anni di carcere per "danneggiamento di proprietà pubblica", dopo che alcuni dei suoi sostenitori avevano protestato nelle strade del villaggio (questo articolo). Subito dopo aver scontato la sua pena l'avvocato è stato costretto agli arresti domiciliari, ma la scorsa settimana era riuscito a pubblicare su internet un video nel quale mostrava la sorveglianza continua alla quale viene sottoposto insieme alla moglie. I due avevano subito ulteriori violenze dopo la diffusione delle immagini.
di Antonio Talia
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