Intanto tra gli allevatori di suini più che l'entusiasmo per i profitti extra serpeggia il timore di un crollo dei prezzi: "la storia ci ha dimostrato che dopo una lievitazione dei costi segue un tracollo" spiega Shang Yudong, fattore della provincia dell'Henan. La "storia" cui fa riferimento l'uomo è quella del 2008 quando dopo un iniziale aumento, i prezzi della carne di maiale caddero a picco dando origine una sovrapproduzione che si protrasse per tutto il 2009. Gli scarsi profitti hanno inoltre messo in crisi l'intero settore con il risultato che molti allevamenti hanno chiuso i battenti, mentre un grosso numero di maiali sono finiti al macello. Fattori, questi, che hanno segnato nei primi mesi del 2011 un calo del 4,8% di maiali vivi che ha inciso sul surriscaldamento dei prezzi della carne suina. "Non ci interessano i profitti abbondanti. Preferiamo guadagnare meno, ma in modo più stabile" ha dichiarato Yin Zhongquan, proprietario di un allevamento di maiali nel Sichuan.
Piatto forte della cucina cinese, il maiale costituisce il 65% del consumo di carni in Cina. Una quantità che assicura al Dragone il primo posto nella classifica mondiale dei produttori e consumatori di carne suina. Ma nonostante le dimensioni del mercato, la produzione è quasi esclusivamente alimentata da allevamenti a conduzione familiare. "Circa il 60% degli allevamenti di suini è costituito da piccole fattorie che forniscono meno di 50 maiali ogni anno" spiega Li Binglong, professore dell'Agricultural University.
Intanto per far ripartire il settore, Pechino mette mano agli incentivi promettendo agli allevatori 100 yuan (circa 10 euro) per ogni scrofa che viene fatta riprodurre.
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di Sonia Montrella
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